di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La vicenda Mes si fa sempre più intricata. Se il parere dell’opposizione è di chiara e netta contrarietà, come testimonia l’altissima tensione in Aula ieri, non altrettanto si può dire di quella della maggioranza. Da un lato Gualtieri difende a oltranza il trattato, dall’altro Di Maio prova a smarcarsi, invocando un vertice ad hoc per riesaminare la questione. Soprattutto, poi, dalle parti del governo, c’è il ruolo, tutto da chiarire, del Premier, accusato di aver preso impegni in nome dell’Italia – che sarebbero ormai non più negoziabili a detta dello stesso ministro dell’Economia – in contrasto rispetto alla maggioranza che lo sosteneva all’epoca del Conte Uno, bypassando le Camere e mettendo, di fatto, l’Italia e i suoi rappresentanti politici nell’impossibilità di incidere sulla trattativa. La faccenda è seria, non solo dal punto di vista della condotta poco limpida adottata dal Presidente del Consiglio, ma anche nel merito di un trattato tanto oneroso dal punto di vista economico, quanto inutile se non addirittura dannoso per il nostro Paese. La vicenda ha poi un’importanza particolare anche da altri punti di vista. Innanzitutto, segna uno spartiacque definitivo per il Movimento 5 Stelle, che dovrà infine decidere da che parte stare, se da quella dell’establishment che ha ideato il Mes, oppure dalla parte di coloro che vorrebbero cambiare le regole che hanno stritolato economicamente e socialmente i Paesi europei. Finora i pentastellati, dopo aver raccolto grandi consensi promettendo un’opposizione radicale all’austerity made in Ue, una volta eletti hanno giocato su due fronti, rappresentati dalle due figure contrapposte di Conte e Di Maio. L’indecisione, o gioco delle parti che sia, non può però durare ancora a lungo anche perché gli elettori, ormai disillusi, non hanno certo cambiato idea sulla necessità di un profondo cambiamento, si stanno semplicemente rivolgendo altrove. Stesso dicasi per Leu, per quanto marginale, contrario in linea di principio alla riforma, che dovrebbe prendere posizione fattiva. Attraverso il Mes si va dritti al nocciolo della questione politica per eccellenza dei nostri tempi: il concetto di sovranità nazionale. Da una parte chi la difende, non solo come vorrebbe la vulgata dei mass-media per ragioni identitarie, pure legittime, ma anche come baluardo di partecipazione democratica e popolare al processo decisionale sulle più importanti questioni economiche e sociali. Dall’altra gli “avvocati” della finanza internazionale e dei potentati economici. Per questo si parla di superamento dei concetti di destra e sinistra, che pure restano importanti: data l’importanza della contrapposizione in atto, sono ora in secondo piano rispetto a questa fondamentale scelta di campo. Eppure sembra che dalla parte dei popoli sovrani sia rimasta, al momento, solo la destra.