Un ritorno al passato non per scelta, ma per mancanza di alternative

«State tornando all’Iri?», la domanda di Gianni Dragoni, giornalista de Il Sole 24 Ore, al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Risposta: «Se serve sì, in un momento in cui dobbiamo proteggere la nostra produzione industriale e le nostre imprese», indicando, ovviamente, nell’ex Ilva e in Alitalia i due esempi concreti di possibili nazionalizzazioni o di possibili interventi pubblici. Il Governo è finito nell’angolo, soprattutto per proprie incapacità. Contemporaneamente a Strasburgo la nuova Commissione Ue, guidata da Ursula von der Leyen, ha ottenuto il suo via libera con 461 voti favorevoli, 157 contrari (M5s spaccato), e solo il tempo saprà dirci se ne è valsa la pena far saltare il governo gialloblu per arrivare a un governo giallorosso e se davvero per l’Italia, con la nuova Iri che si profila all’orizzonte, sarà vantaggioso avere Paolo Gentiloni come Commissario all’Economia, supervisionato dall’occhiuto Valdis Dombrovskis. Chissà cosa ne pensa Romano Prodi, due volte presidente del Consiglio in Italia, padre fondatore dell’euro ma soprattutto colui che prima ha risanato e poi privatizzato, cioè chiuso, l’Iri. Intervistato recentemente da Lucia Annunziata a In Mezz’ora In più ha dovuto ammettere: «Si immagini  se io ero così contento di disfare le cose che avevo costruito», ma «erano obblighi europei». Gli stessi che abbiamo anche oggi. La disciplina Ue in merito parla chiaro, stabilendo che qualsiasi aiuto concesso da uno Stato membro o da risorse statali, tale da distorcere o minacciare di falsare la concorrenza, favorendo talune imprese o la produzione di determinate merci, è considerato incompatibile con il mercato interno. Ma non c’è solo questo. Se il ritorno all’Iri fosse stato un progetto inserito in un ambizioso, quanto pur sempre opinabile, programma di Governo, avrebbe anche potuto avere il sapore di un’avvincente sfida. Tuttavia è un ritorno dovuto al fatto che «per Alitalia non c’è una strada di mercato a portata di mano» e per riacciuffare (per i capelli) Arcelor Mittal, dopo averla indotta a scappare con la cancellazione dello scudo penale. Dunque l’operazione ha un retrogusto amaro. I tentativi quotidiani di migliorare la manovra 2020, con la limatura delle nuove tasse, rischiano di cadere nel nulla – ammesso e non concesso che siano veri – qualora lo Stato, sarà chiamato a fare fronte, senza un’idea “vincente” ai due «grandi malati», Alitalia ed ex Ilva, come li ha chiamati lo stesso Patuanelli, rischiando così di rappresentare, più che l’ultima spiaggia, un cimitero degli elefanti.