di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Per quanto si possano avere dubbi più che legittimi in merito alla reale rappresentatività degli iscritti a Rousseau, essendo solo una piccola percentuale degli elettori pentastellati, e anche sul ruolo attribuito a uno strumento privato di condizionare le scelte delle istituzioni, non possiamo, però, non considerare il fatto che nel Movimento 5 Stelle le votazioni sulla piattaforma rappresentano, in versione digitale, più o meno quello che nelle formazioni tradizionali è un’assemblea di partito. Ieri all’interno del M5S, comunque ancora forza maggioritaria in Parlamento, è avvenuto qualcosa di inedito, destinato ad avere ripercussioni nella vita politica italiana: per la prima volta, nonostante anche le consuete furbizie grammaticali, dire no per dire sì, con il voto su Rousseau la base ha sconfessato completamente i vertici del movimento. Se finora le clamorose giravolte ideologiche e strategiche – prima movimento anti-casta solo contro tutti, poi partito populista alleato alla destra, infine formazione moderata di sinistra – pur con qualche malumore, erano state digerite e ratificate da votazioni in stile bulgaro, stavolta, all’ipotesi di non presentarsi alle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria, la base si è ribellata. Dicendo no a quella che suonava come una capitolazione. Non tanto un escamotage per evitare un’impietosa conta dei voti, con possibili ripercussioni anche sulla tenuta del governo, quanto una definitiva resa al Pd, ex nemico giurato, al quale, dopo aver offerto, in spregio alla volontà popolare, i numeri in Parlamento necessari a governare, si sarebbe anche servita su un piatto d’argento una desistenza implicita, dopo la malaparata di quella esplicita in Umbria, nel tentativo di favorire la vittoria dem nella storica regione rossa. Ora, in vista delle prossime amministrative, a far concorrenza ai grillini in crisi e a tentare di irretirne gli elettori disorientati, probabilmente al fine di convogliarne i voti verso la solita sinistra, ci sono le sardine. Ossia quel singolare movimento di protesta che manifesta contro l’opposizione e sostiene, invece, un partito minoritario nei consensi, ma che detiene tutte le massime cariche politiche e che straborda nei ruoli che contano. Riformulando il motto attribuito a Voltaire, il loro slogan perfetto potrebbe essere: “non sono d’accordo con quello che dici, quindi farò di tutto per impedirti di parlare”. La sensazione, però, è che anche questa nuova trovata, anche questo nuovo camouflage targato Pd, anche questa ennesima “operazione simpatia” non riesca a far presa sugli elettori, costretti a preoccuparsi di cose serie, lavoro incerto, crisi aziendali, tasse in aumento, servizi carenti, scarsa sicurezza, quindi sempre meno inclini a filosofeggiare e a farsi irretire dagli interpreti a senso unico prima di Rousseau e poi di Voltaire.