di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

L’ambiente e la sua salvaguardia sono il tema del momento. Il problema ecologico investe, anche se in modo diverso, il dramma di Venezia allagata, l’Ex Ilva e il suo destino ancora incerto, Roma e il suo stato di degrado dovuto all’incapacità di gestire lo smaltimento dei rifiuti. Questioni importantissime, che stanno mettendo a dura prova il governo e la politica, ma che coinvolgono l’intero Paese. E soprattutto il benessere e la qualità della vita di moltissimi nostri concittadini. È evidente il fatto che alla base di molti dei problemi ambientali che danneggiano il Paese – nei tre esempi clamorosi citati ne abbiamo conferma – c’è una cattiva gestione della cosa pubblica. Oltre a ciò, però, notiamo come, specie nel nostro Paese, si sia sedimentato nel tempo un vero e proprio “equivoco ambientale”, che ha imbrigliato il dibattito e impedito una visione lungimirante e risolutiva della questione. Si è fatta strada, infatti, una visione pauperistica volta a risolvere i problemi ambientali proponendo una “decrescita infelice” in Italia e in generale nei Paesi industrializzati, una visione contraria a qualsiasi grande opera, basata essenzialmente su un ridimensionamento delle attività umane. Con il sottinteso di veder trasferiti gli oneri e gli onori, ossia produzione tradizionale “lineare” e conseguente inquinamento, nei Paesi emergenti, lasciando a noi un’economia residuale basata sul solo terziario, sulla commercializzazione dei prodotti fabbricati altrove, sulla “gig economy”. Una scelta insostenibile dal punto di vista economico, occupazionale e sociale, oltreché profondamente sbagliata da quello ambientale, spostando semplicemente il problema dell’inquinamento lontano dai nostri occhi, ma lasciandolo in realtà inalterato. Allo stesso modo non possiamo continuare a produrre incessantemente dissestando l’ambiente, ormai consapevoli delle conseguenze negative, anche per la salute umana, di tutto ciò. La “terza via” consiste in una crescita economica fatta di grandi opere per la messa in sicurezza del Paese e in una produzione sostenibile dal punto di vista ambientale attraverso una profonda trasformazione dei processi produttivi. Tutto questo, però, e qui è il nodo del problema e la risoluzione dell’equivoco, necessita di un adeguato sostegno da parte non solo dello Stato e delle istituzioni nazionali, ma anche e soprattutto delle organizzazioni internazionali, nel nostro caso europee e mondiali, ossia Ue e Wto. Insomma, in un’economia globalizzata, per rendere fattibile questo processo, onde evitare la spietata concorrenza dei prodotti realizzati in modo più “tradizionale” nei confronti di quelli realizzati su basi maggiormente rispondenti ai criteri ambientali, c’è bisogno di un sistema di regole a supporto delle produzioni sostenibili, se realmente si intende affrontare in modo incisivo il problema.