di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Un dibattito fazioso e non equidistante sull’odio in politica non fa altro che alimentare odio. Si tratta di un concetto del tutto evidente, eppure fatica a farsi largo, specie a sinistra. Innanzitutto occorrerebbe chiarire cosa sia l’odio. Partendo dalle basi, dovrebbe essere del tutto pacifico e fuori discussione il fatto che minacciare di morte una persona a causa delle sue idee politiche, tramite messaggi, sui social come sui muri, fantocci appesi, invio di proiettili o quant’altro, è una forma di odio, chiunque ne sia la vittima. Dovrebbe essere altrettanto chiaro che l’intenzione di impedire lo svolgimento delle manifestazioni politiche dei partiti avversari e intimidirne i partecipanti potrebbe essere tranquillamente classificato come odio politico. Se vogliamo costruire una società basata sul dialogo, la prima cosa da fare è condannare senza se e senza ma chiunque minacci un’altra persona per motivi ideologici, senza dire o lasciar intendere che in qualche modo “se l’è meritato”. Invece nel surreale dibattito sull’odio attualmente in corso, sembra che esistano due tipi di odio. Uno, quello verso la sinistra, da condannare, e un altro, quello verso la destra, ammissibile se non giustificabile. Bisogna fermarsi, prima che qualche invasato passi dalle minacce ai fatti e chiarire che, almeno su questo, tutti devono essere trattati allo stesso modo. Ora, ad esempio, per l’apertura della campagna elettorale in Emilia Romagna, Matteo Salvini ha organizzato un evento a Bologna, per riunire i leghisti e tutti i sostenitori della candidata Lucia Bergonzoni. Alcuni, però, stanno organizzando una contromanifestazione, non per esprimere delle idee alternative, ma allo scopo di impedire al centrodestra di andare liberamente in piazza, dicendo chiaramente che i leghisti e i loro alleati “devono avere paura”. Invitiamo gli esponenti della sinistra a immaginare cosa sarebbe accaduto ribaltando le parti in commedia: un ipotetico comizio dei sostenitori del Pd in una zona storicamente di destra, e qualcuno che organizza una contromanifestazione per impedir loro di riunirsi, minacciandoli. Sarebbe, giustamente, venuto giù un finimondo. Ecco: questo doppiopesismo nel condannare l’intolleranza politica genera odio. Da un lato permette ad alcuni odiatori seriali di sinistra di autoassolversi e sentirsi legittimati a odiare. Dall’altro poiché fa sentire le persone che invece votano a destra degli “esuli in patria”, non adeguatamente tutelati nell’espressione dei propri diritti politici, sebbene aderenti a partiti democratici e perfino maggioritari. Che si chiarisca una volta per tutte che è perfettamente legittimo essere di destra, come lo è essere di sinistra, e che è altrettanto illegittimo minacciare e diffondere odio, sia a destra che a sinistra. Se – veramente – si vuole interrompere il cortocircuito dell’odio e non, invece, alimentarlo.