Il risultato del voto spagnolo non va osservato da solo, ma messo in relazione con molti fatti politici importanti che stanno accadendo in Europa. I risultati definitivi delle elezioni generali spagnole confermano lo stallo in cui è caduta di nuovo la penisola iberica: i socialisti, primi con il 28% e 120 seggi, ma tre in meno degli attuali (28,7% nel voto di aprile), sono lontani dai 176 richiesti per la maggioranza. Ma il grande vincitore della tornata elettorale è la destra di Vox che ha raccolto il 15,1% dei voti con 52 seggi, oltre il doppio dei 24 attuali (prima al 10,3%). Il punto ora non è se i socialisti spagnoli riusciranno a costruire o meno un governo che resti in piedi con alleanze più o meno credibili, come del resto sta facendo con altrettanta fatica il M5s, al netto delle sue mosse autolesioniste, con il Pd e viceversa. Ciò che va rimarcato è che la crescita di Vox va messa in relazione con la vittoria della Lega alle ultime elezioni regionali in Umbria e probabilmente con le prossime in Emilia Romagna. Va messa in relazione anche con la riforma dell’immigrazione presentata del presidente francese Emmanuel Macron la settimana scorsa la quale, al di là della sua efficacia e opportunità (alcune delle 20 misure annunciate erano già in vigore, “Renzi’s style”), ha decretato uno spostamento a destra del paladino dei valori europei, sempre più incalzato secondo i sondaggi francesi dal partito di Marine Le Pen. Sappiamo anche che in Germania, Alternative fur Deutschland è stabilmente sopra il 13%, quasi a pari merito con la Spd e dietro a Cdu e Verdi. In Europa le cosiddette forze popolari, liberali e socialdemocratiche, sono ancora al Governo ma fanno sempre più fatica a restare in piedi e per reggere i colpi del progressivo crollo del “pensiero unico” fino a ieri imperante, o danno vita a improbabili alleanze o si spostano a destra facendo finta di dare risposte a quello che i popoli d’Europa sempre più insistentemente chiedono: sovranismo. O semplicemente buon senso?