di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Le elezioni in Spagna segnano un trionfo per la destra di Vox. La formazione, fondata nel 2013 e che fino a pochi mesi fa non era neanche presente nel Parlamento spagnolo, già aveva ottenuto un risultato storico lo scorso aprile, passando da percentuali inferiori all’1% a un corposo 10, % dei consensi, vedendosi assegnati 24 seggi alla Camera dei Deputati. Ora, però, con le nuove elezioni è arrivata addirittura a conquistare il 15% dei voti, 52 seggi alla Camera e due al Senato. La vittoria clamorosa di Vox rende il quadro politico spagnolo ancora più complesso. Dalle elezioni non è, infatti, emersa nessuna maggioranza parlamentare: da un lato la sinistra, che pensava di rinsaldare la propria posizione, è calata – perdono consensi sia il Psoe che Podemos – e anche tutta unita, con 158 seggi, sarebbe molto lontana dalla soglia di deputati necessaria per formare un governo pari a 176 seggi. Dall’altra parte, un’eventuale alleanza di centrodestra tra il Partito popolare, in risalita, Ciudadanos, che invece sta implodendo, e la stessa Vox, arriverebbe a 150 seggi. Vedremo come evolverà la situazione e se il leader socialista Sanchez riuscirà a tornare al governo con una coalizione di sinistra, trattando, cosa tutt’altro che semplice, con Podemos e con gli indipendentisti, o se dovrà invece rivolgersi ai popolari per tentare la carta di una “grosse koalition” in stile tedesco. Una possibilità, quest’ultima, del tutto inedita per la Spagna dove fino ad ora c’è sempre stata un’alternanza fra i due grandi partiti di centro e di sinistra. Certo, ogni situazione nazionale è differente dalle altre e senz’altro pesa sulle elezioni spagnole la questione catalana, ma il dato più evidente, che emerge anche da queste elezioni spagnole, è la crisi dei partiti tradizionali e il rafforzarsi di un nuovo e forte sentimento sovranista, come sta accadendo in molti altri Stati europei. Evidentemente quindi, oltre le peculiarità nazionali, in Spagna come nel resto d’Europa ci sono problemi simili e per risolverli, a fronte anche dei fallimenti dei partiti “di sistema”, la nuova proposta della destra sembra sempre più convincente. Ma la politica tradizionale resta sorda. L’unica reazione rispetto a questo mutamento in atto sembra quella di creare una sorta di “cordone sanitario” antisovranista, fatto di demonizzazione ed esclusione dell’avversario. Ciò che si fa fatica a riscontrare è la volontà di comprendere le ragioni non tanto e non solo dei partiti di destra, ma anche e soprattutto dei loro sempre più numerosi elettori. Per correggere il tiro rispetto a politiche evidentemente fallimentari nella gestione della questione migratoria, nella tutela dell’identità culturale europea, nella difesa dell’economia e del tenore di vita delle classi medie e popolari di fronte all’impatto della globalizzazione, solo per citare i temi più importanti.