Il Conte Bis nato in estate finirà per mangiare un magro panettone

Fosse solo l’Ilva (ma potremmo aggiungere anche Whirlpool, Alitalia e altre vertenze irrisolte), che in ogni caso difficilmente si risolverà senza generare pesanti effetti collaterali. «Così non si va avanti» è il nuovo mantra che aleggia da qualche giorno sempre più insistentemente tra rappresentanti sia della maggioranza sia della minoranza. Se anche i quotidiani storicamente non avversi alla sinistra non risparmiano da giorni pesanti colpi al Governo giallorosso – o giallorosé come ormai ironicamente lo chiama qualcuno – qualcosa vorrà dire. Ieri Repubblica titolava in apertura «Fumata nera per l’Ilva e anche per il Governo», colpo a gamba tesa corredato dall’editoriale di Ezio Mauro, «L’agonia di un’alleanza senz’anima». Un altro sintomo della gravità della situazione sta nel fatto che testate un tempo contrarie a qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione, oggi si lasciano andare intorno all’ipotesi di nazionalizzazione dell’ex Ilva. Sarà che il governo è giallorosso e non più gialloblu, ma sta di fatto che spira sempre più forte un’aria di tempesta. Persino al di là dei confini italiani. Tutti sanno che il governo giallorosso è una “creatura” di Bruxelles e di quelli che tutto avrebbero da guadagnare tranne che da elezioni anticipate – Matteo Renzi oggi avvisa: «Un suicidio tornare al voto, il Pd ci pensi bene» su Repubblica – , ma anche in Europa c’è aria di burrasca. È notizia abbastanza eclatante di oggi per il mondo intero – l’Economist gli ha dedicato l’apertura – che il presidente francese Emmanuel Macron abbia decretato la fine della Nato («is becoming brain-dead» che più o meno equivale all’espressione ”encefalogramma piatto”) e che Angela Merkel – attesa nel nostro Paese il prossimo lunedì per un bilaterale con il nostro premier – abbia espressamente dichiarato di avere una visione totalmente contraria a quella dell’alleato di sempre. Insomma si litiga dappertutto. In Italia sempre più e trasversalmente, dal Pd a Italia Viva passando anche per il M5s, si pensa «allo strappo». Vuoi vedere che l’ombra di Mario Draghi, al momento “disoccupato”, si sta sempre più allungando non sul Quirinale (aspettando fino al 2022), ma su Palazzo Chigi? Un aiutino potrebbe darlo sempre lui, Matteo Renzi, il quale sempre oggi ha dichiarato: «Conte? Oggi lo aiutiamo, del doman non v’è certezza».