I primi giorni di novembre, gli Italiani, per tradizione, li dedicano a ricordare i propri cari defunti. Un fiore, una preghiera, una candela da accendere con commozione: qualcosa di molto lontano dal clima festaiolo di Halloween. Giorni che, non sappiamo quanto causalmente, arrivano in coda al periodo che il nostro Paese e le istituzioni internazionali, a partire dall’Unione europea, dedicano al tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ed allora, è doveroso un pensiero commosso alla tante, troppe persone che continuano a cadere mentre lavorano. Una strage continua che presenta un conto salatissimo in termini umani, sociali ed economici. Famiglie distrutte, figli che rimangono senza genitori, genitori che restano senza figli, mariti e mogli separati dal destino. Le statistiche, anche al netto delle differenziazioni derivanti da aspetti meramente burocratici – l’Inail raccoglie le denunce di infortunio, peraltro di non tutti i lavoratori, denunce che poi vengono esaminate e solo successivamente indennizzate, con la conseguenza che il dato diventa consolidato a distanza di diversi mesi o anni -, raccontano la drammaticità del fenomeno. Gli infortuni mortali hanno ripreso a crescere con una intensità devastante, soprattutto nell’industria e nei servizi. In quindici regioni, il 2018 si è chiuso con un incremento negli infortuni mortali o in parità rispetto all’anno precedente, sempre nell’industria e nei servizi. In Lombardia, dove si registra il 16,7% del totale degli incidenti mortali, sono addirittura quaranta in più; circa venti in più in Veneto e in Piemonte, quasi trenta in Campania. Sono più che raddoppiati in Abruzzo, mentre in Calabria se ne sono registrati l’85% in più. È magra la consolazione nel sapere che qualcosa è migliorato in agricoltura e nel pubblico impiego: il dato non sembra figlio di una nuova cultura della sicurezza, quanto, piuttosto e purtroppo, il frutto del caso. La preghiera e il ricordo da soli, però, non sono sufficienti. Occorrono atti concreti, quelli che si attendono dal Ministero del lavoro che nelle scorse settimane ha avviato un confronto prima politico e poi tecnico con le confederazioni sindacali e le associazioni datoriali. Tutti, nei due incontri che si sono succeduti, i quali seguono la prima apertura del tavolo di confronto da parte dell’allora sottosegretario Claudio Durigon, hanno giocato a carte scoperte, cosa che oggi permette alla ministra Nunzia Catalfo di avere un quadro chiaro di cosa serve fare subito, dalla formazione alla semplificazione burocratica, dall’assunzione di nuovi ispettori
alla rivisitazione del ruolo degli stessi, dal coinvolgimento della scuola alla individuazione di meccanismi premianti, passando per il rafforzamento del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e della contrattazione collettiva in azienda e sul territorio, affinché l’anno che si sta avviando alla chiusura non segni, purtroppo, un nuovo pesantissimo record negativo.