di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

A urne chiuse, non si può che constatare la grande vittoria del centrodestra in Umbria e il fatto che all’interno della coalizione i maggiori consensi siano stati conquistati dalle forze sovraniste, con la Lega ampiamente primo partito e Fratelli d’Italia in vistosa crescita. Non solo: se la sconfitta di M5S e Pd era prevedibile, la portata epocale di questa stessa sconfitta, la forbice che separa le due coalizioni, tra l’altro in una zona un tempo definita “rossa”, ha comunque sorpreso commentatori e politici. Da questi dati occorre trarre delle conclusioni che vadano oltre la legittima esultanza dei sostenitori della coalizione vincente, e noi tra questi, e l’altrettanto motivata delusione di dem e pentastellati. Naturalmente, osservando il risultato dal punto di vista locale, risulta evidente che la popolazione umbra era stufa di una gestione a dir poco insoddisfacente della Regione, specie dopo lo scandalo sanità che ha travolto il Pd. Ma è inutile nascondersi dietro la foglia di fico della dimensione regionale delle elezioni. È chiaro a tutti, che lo si voglia ammettere o meno, che quello di ieri è stato, oltre che un voto per rinnovare i vertici dell’Umbria, anche un test politico di rilevanza nazionale sul governo da poco insediato e sulla sua prima importante prova, ovvero la manovra economica. E che il risultato è stato dirompente. A cosa si deve questo esito? L’analisi del voto non è poi tanto complessa: buona parte della popolazione italiana, a fronte di una situazione difficile del Paese, chiede da tempo, almeno dal 4 marzo 2018, un forte cambiamento nelle politiche economiche e sociali, nel rapporto con l’Ue e nella gestione della sicurezza e del fenomeno migratorio. E si rivolge a chi intende farsi promotore di tale cambiamento. La Lega è rimasta coerente nelle sue proposte di rottura rispetto al passato, così anche FdI, e gli umbri – presumibilmente anche gli altri italiani potendo votare avrebbero fatto lo stesso – hanno reagito dando fiducia a queste forze. Il Pd è rimasto irremovibile nelle proprie posizioni filo establishment e anti popolari ed è stato quindi votato solo dai suoi elettori più inossidabili, che sono sempre meno, perdendo anche la roccaforte umbra. Il vero sconfitto resta comunque il M5S, che dopo la propria giravolta, da partito di cambiamento in forza di restaurazione, per di più in abbinata anche a livello regionale con i dem, ossia il partito simbolo stesso del sistema, è stato abbandonato da una sempre più nutrita fetta di sostenitori. L’analisi del voto è, quindi, piuttosto semplice, se sostenuta dall’intenzione di comprendere le istanze degli italiani. In Umbria i cittadini hanno avuto la possibilità di esprimersi, nella speranza che presto possa accadere anche a livello nazionale dato che la rappresentanza parlamentare non coincide più con la volontà popolare