di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Un nuovo caso di cronaca getta una luce sinistra sulla Capitale e sull’intero Paese. La serie comincia ad essere preoccupante e, sebbene ci sia una corsa a minimizzare, a sventagliare statistiche sui reati in diminuzione, a dire, insomma, “va tutto bene madama la marchesa”, la sensazione, diffusa e insopprimibile, è un’altra. Anche perché contano non solo i numeri, ma anche le circostanze. Dopo l’omicidio del carabiniere Mario Cercicello Rega, dopo il caso, ancora irrisolto, dell’ultras Diabolik, ora un ragazzo, Luca Sacchi, è stato ucciso a Roma nel corso di un’aggressione, nel tentativo di difendere, a quanto si apprende dalle testimonianze e dalle ricostruzioni, la sua fidanzata, assalita a scopo di rapina da due malviventi, già individuati e fermati. Tre vicende diversissime fra loro avvenute nel giro di poche settimane. Degli elementi in comune, però, a ben guardare, questi e altri tragici fatti di cronaca ce l’hanno. Si è parlato della questione dei tagli e delle risorse insufficienti in un settore basilare come quello della sicurezza, con tanto di scambio di battute al vetriolo tra Salvini e Conte. Sicuramente occorre fare di più e comprendere quanto sia importante per il benessere e la tranquillità di tutti noi investire nelle dotazioni e nel personale delle forze dell’ordine. Si è fatto riferimento al degrado, intollerabile, che attanaglia la Capitale, oggi, poi, ancora più palese perché oltre al tragico fatto di sangue, sempre a Roma è in atto lo sciopero generale contro la disastrosa gestione Raggi. Si ragiona sulla diffusione di stili di vita sbandati, sull’uso delle droghe, sull’influenza dei mass-media che propongono spesso il mito dell’antieroe, con conseguenze negative specie fra i giovani. Tutte riflessioni importanti, da approfondire. Ce n’è però anche un’altra da fare, su un aspetto della questione ancora più inquietante. La tendenza a mettere sotto accusa, prima ancora di comprendere le dinamiche, di conoscere lo svolgimento dei fatti, non gli assassini, ma le vittime. Si tratta di un atteggiamento a dir poco sconcertante, che però avviene sempre più di frequente e che andrebbe analizzato con particolare attenzione. Ora, ad esempio, si scava nel passato di questo giovane ucciso, alla ricerca di qualche ombra, non solo, come è giusto, da parte degli inquirenti per esaminare ogni possibile pista investigativa, ma anche da parte di molta stampa. Ci si chiede il perché di un simile imbarbarimento. I casi sono innumerevoli, si pensi ai processi mediatici contro le povere Pamela e Desirée. È questa, forse, la vera “politica dell’odio” che specula anche sui fatti più drammatici? O solo il tentativo, in tempi insicuri checché ne dicano le statistiche, gettando discredito sulle vittime, di farci sentire in salvo, fra coloro ai quali “queste cose non possono capitare”?