Nonostante l’accordo, la strada per l’uscita del Regno Unito dalla Ue è ancora in salita

Alla fine il premier Boris Johnson ce l’ha fatta e dopo un’estenuante trattativa che ormai va avanti da mesi, ha trovato un’intesa con l’Unione europea per arrivare alla Brexit entro la data stabilita del 31 ottobre. Un accordo che lo stesso presidente della Commissione europea Juncker ha definito “equo e bilanciato”. Rispetto al precedente accordo targato May e non andato in porto, nel nuovo si prevede una sorta di “back stop” – ossia una permanenza temporanea nell’unione doganale – applicato, però, soltanto all’Irlanda del Nord. Un compromesso accettabile da entrambe le parti sul nodo più spinoso della questione, il confine tra le due Irlande. Sembrerebbe fatta, quindi. Invece il percorso tortuoso dell’uscita del Regno Unito dall’Ue non è ancora terminato e presenterà a breve nuovi ostacoli. L’accordo deve infatti essere ratificato sabato prossimo dal Parlamento inglese e la possibilità di raggiungere la maggioranza di sì, 320 voti favorevoli, non è affatto scontata, tutt’altro, specie per la probabile defezione del Dup, il partito unionista nordirlandese alleato di Johnson che dispone di 10 seggi a Westminster e che sembra contrario all’accordo. La politica inglese sulla questione è piuttosto divisa e se la gran parte dei parlamentari conservatori sosterrà l’accordo, mentre lo boccerà l’opposizione laburista e liberaldemocratica, esistono tuttavia posizioni difformi dalla linea di partito da entrambe le parti. Si deciderà, quindi, per un pugno di voti e l’esito è incerto. Una vittoria del sì sarebbe la consacrazione di Johnson, mentre la prevalenza del no sarebbe il preludio a un’ulteriore proroga dei tempi per l’uscita del Paese dall’Ue, nuove elezioni – per le quali Johnson risulta comunque favorito – e forse anche un nuovo referendum sulla stessa Brexit.