La disponibilità è stata di certo apprezzata, ma rischia di essere soltanto un palliativo nel caso in cui le risorse indicate nella legge di bilancio fossero assolutamente insufficienti per assicurare un rinnovo del contratto collettivo di lavoro del pubblico impiego in linea con le aspettative dei circa 3,6 milioni di dipendenti. Inevitabilmente, l’incontro di ieri con la neo ministra della funzione pubblica, Fabiana Dadone, è scivolato sulla grande questione della valorizzazione economica e normativa dei dipendenti pubblici. Le organizzazioni sindacali, dalla Cgil alla Ugl più diverse altre sigle minori, erano state convocate per parlare di semplificazione della macchina pubblica, un tema sicuramente vasto, più volte dibattuto nel corso degli anni. Al di là dei singoli provvedimenti che possono essere presi per ridurre il peso della burocrazia e per rendere più efficiente l’intero sistema, è di tutta evidenza che se non si mette il dipendente pubblico in condizioni di ben operare, tutto il castello rischia di venire giù in maniera fragorosa. Ed allora, accanto alla questione salariale, si aprono altri campi di gioco, dalla formazione alla strumentazione messa a disposizione degli operatori, passando per la digitalizzazione e il ruolo degli organismi intermedi, in particolare il sindacato attraverso il patronato e i centri di assistenza fiscale, quale trait d’union fra amministrazione e cittadino.