L’iniziativa di Ankara ha l’obiettivo dichiarato di colpire i curdo-siriani delle Ypg – le milizie considerate terroriste da Erdogan, ma in realtà combattenti in prima linea contro l’Isis, alleate degli Usa e artefici, assieme ad altre forze, del ridimensionamento dello “Stato islamico” – per creare una zona cuscinetto nel nord-est della Siria, nella quale trasferire due milioni di rifugiati siriani ora presenti sul territorio turco. Il timore della comunità internazionale è che la Turchia intenda piuttosto approfittare della debolezza e dell’isolamento della Siria, stremata da anni di guerra civile, per creare una vera e propria area ad influenza turca a danno dell’integrità del territorio siriano e per attuare una pulizia etnica nei confronti delle popolazioni curde, anche a causa dello storico conflitto che contrappone curdi e turchi. Già più di 200 vittime e 60mila persone in fuga. Oltre a ciò la minaccia all’Europa, che, se si opporrà alle operazioni di Ankara, potrebbe subire come ritorsione, a detta del presidente turco, l’invio sul proprio territorio dell’enorme numero di rifugiati che ora, anche grazie agli aiuti economici della stessa Ue, sono ospitati sul suolo turco. L’operazione ha preso il via a seguito della decisione del presidente statunitense Trump di ritirare i soldati americani presenti nella zona, ma ora i Paesi occidentali stanno tentando, anche se piuttosto timidamente, di correre ai ripari. Dopo la convocazione dell’ambasciatore turco da parte sia della Francia che dell’Italia, ora sul tavolo della Ue c’è infatti la possibilità di imporre sanzioni alla Turchia e la prossima settimana ne dovrebbe discutere il Consiglio europeo. Anche gli Usa stanno valutando la stessa ipotesi.