di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Un fraintendimento tira l’altro. In tema di cittadinanza, soprattutto, i danni generati da una disattenta considerazione o, peggio ancora, da un malinteso senso di questo importantissimo vincolo giuridico sono ora sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare al caso che sta scuotendo l’opinione pubblica, denunciato per primo dal quotidiano di Maurizio Belpietro, La Verità: la brigatista rossa, Federica Saraceni, condannata a 21 anni nel processo per l’omicidio del giuslavorista, Massimo D’Antona, ha ottenuto il Reddito di Cittadinanza. Ben 623 euro al mese, che percepisce agli arresti domiciliari poiché sta ancora scontando la pena. La spiegazione del fatto, a dir poco increscioso, l’ha data il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, per il quale i requisiti reddituali, patrimoniali e occupazionali ci sono tutti. Esiste una norma che prevede che chi ha ricevuto una condanna nei dieci anni precedenti non avrebbe diritto di percepire l’assegno, ma Federica Saraceni la condanna l’ha ricevuta 12 anni fa e quindi può usufruire del RdC.
Legge sbagliata? Disattenzione? Una norma si può correggere tutto sommato anche in tempi ragionevolmente brevi, molto più tempo occorre invece per “correggere”, se questo è il termine adatto, un’intollerabile sottovalutazione dello status di cittadino e quindi della condizione di appartenenza a una Nazione. A quest’ultima da troppo tempo non si attribuisce l’importanza che ha, anche per i riverberi sull’intera società, e viene osservata solamente come una condizione, uno stato appunto, e non come un rapporto, tra cittadino e Stato e viceversa. Tra i diritti, importantissimi, e doveri «inderogabili» in capo a una/un cittadino, ce ne sono due non presi nella dovuta considerazione: il dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. Obblighi che per certo una brigatista condannata per l’omicidio di un consulente dello Stato, in particolare del ministero del Lavoro, ha palesemente violato e perciò, neanche dopo 12 anni dovrebbe essere nella facoltà di usufruire un sussidio da parte dello stesso, ancorché madre di due figli, soprattutto se il sussidio è denominato Reddito di Cittadinanza. Se si trattasse di disattenzione, sarebbe in ogni caso un fatto grave, dal quale discendono tanti altri mali italiani, come l’evasione fiscale e tutto il gigantesco sommerso, ad esempio.
Ancora di più se si considera che, di fraintendimento in fraintendimento, “grazie” all’ibrido politico attualmente al Governo, sta tornando in auge lo Ius Soli, vera e propria merce di scambio chiesta dal Pd a fronte del taglio dei Parlamentari voluto dal M5s. Travestire lo Ius Soli, come si sta tentando, da Ius Culturae, per renderlo più digeribile ad una vasta fetta della cittadinanza che con il voto del 4 marzo 2018 ha espresso ben altro orientamento, non porterà alcun bene né a coloro che lo propongono, fatto che non ci riguarda, né a quelli che eventualmente potrebbero usufruirne, tantomeno allo Stato, circostanza che invece preoccupa molto di più. A Non far comprendere a un cittadino straniero, ancorché minore, quale responsabilità sia acquisire la cittadinanza italiana, status non rispettato in primis da chi lo ha acquisito per Ius Sanguinis, sarebbe non più una semplice responsabilità, ma una vera e propria colpa.