di Claudio Pescatore

Noi non siamo gretini. Non lo siamo ora e non lo siamo mai stati. Quando si trattava di scendere in piazza per manifestare contro problemi ed eventi “epocali”, noi ci siamo andati e generosamente. Che si sia trattato di scagliarci contro gli errori e gli orrori del comunismo, da Jan Palach, ai Gulag – quei campi di concentramento sovietici frettolosamente trasferiti nel dimenticatoio – di urlare contro la implacabile oppressione titina nei confronti dei nostri fratelli giuliano-dalmati o contro la repressione maoista di ieri e di oggi in Cina e nel resto del quadrante asiatico; che si sia trattato di denunciare le logiche perverse del turbocapitalismo e del mondialismo campione primo di inquinamento e di nuovo schiavismo, tanto nei Paesi emergenti quanto per l’aggressione continua e costante dei nostri lavoratori, del nostro Occidente. Noi ci siamo stati. In nome della libertà di stampa, i media si guardavano bene dal lasciar passare anche un modesto lancio di agenzia che non fosse di indignata deplorazione per l’ennesimo “rigurgito fognario” e gli unici seriamente interessati a riportare scrupolosamente le nostre gesta e le ragioni della nostra protesta erano i funzionari della Digos dell’epoca, che, non senza avercele date prima di santa ragione, ci avviavano al sacrosanto giudizio di magistrati sistematicamente molto poco inclini alla clemenza verso di noi, forse perché con tutta la buona volontà degli inquirenti non eravamo classificabili come spacciatori, stupratori o delinquenti comuni. Ma mai che qualcuno ci abbia invitato a prendere la parola all’Onu! Mai che qualche Capo di Stato o di Governo si sia sognato di riceverci! Però, vivaddio, senza la giustificazione scritta dei nostri genitori e senza la compassionevole solidarietà pelosa del Ministro della Pubblica Istruzione di sinistra (sia lui che l’istruzione pubblica), un 5 Stelle cattedratico a Siena che scrive abitualmente sul Financial Time ed anche, sa va sans dire, sul resto dei giornali patinati dell’estabilishment angloamericano (New York Times, in primis), dopo aver imparato la politica reale e verace, facendo – nientepopòdimenoche – da assistente parlamentare ad Antonio Di Pietro, l’ex P.M. di Milano passato poi armi e bagagli all’Ulivo e due volte premiato da Prodi con un Ministero del suo nefasto esecutivo. Dal Signor Ministro ci saremmo aspettati l’indizione di una giornata di approfondimento e studio in tutte le scuole da dedicare al futuro del pianeta, possibilmente con l’intervento di divulgatori, esperti e scienziati del CNR. Una corretta e doverosa sensibilizzazione culturale e curriculare per i nostri ragazzi, studenti di ogni ordine e grado. E invece venerdì abbiamo assistito ad una strana celebrazione internazionale che avrebbe come fine ultimo quello di “sensibilizzare” i popoli occidentali e soprattutto i giovani. Ma a cosa? Vi sembra che ci sia qualcuno che si proclami contro l’emergenza climatica? Qualche giovane o gruppo giovanile manifestamente o reconditamente a favore delle emissioni e dell’inquinamento della Terra? No, per fortuna. E allora: centoottanta concelebrazioni “spontanee” in tutta Italia, con la Gretina che si complimenta dal Canadà, persino tanti genitori emozionati e gioiosi per l’esordio dei loro pargoli nella giostra ipocrita del politicamente corretto e tutta la Sinistra nostrana ed europea plaudente, Bergoglio compreso, per cosa? O contro cosa? Ci sembra di capire che la storia sia proprio un’altra e che ancora una volta una certa Sinistra più o meno socialdemocratica, alla frutta in tema di idee e di proposte, spiaggiata proprio sulla rive del neoliberismo sfrenato e quindi in crisi irreversibile di consensi, si sia giocata la carta dell’ingenuità e della spontaneità dei giovani per tentare di risalire la china. A decidere le sorti del pianeta continuerà ad essere quella oligarchia del grande capitale che ha sede tra New York (Rockfeller, Lehman e Goldman Sachs) e Parigi (Rothschild) e quei comitati di affari tipo Trilateral e Bildemberg e che per un dollaro in più se ne strafregano della nostra sorte e di quella dei nostri figli, che siano scesi in piazza venerdì o meno. Lo scontro è quello di sempre: il sangue (nostro) contro l’oro (loro) ed anche l’ecologia, la nostra ecologia, può essere un ottimo terreno per combattere. Ma avremo modo di riparlarne.