Ecco le “nuove” proposte della sinistra per il Paese: da un lato l’immancabile Ius Soli, ora ribattezzato Ius Culturae, dall’altro l’abbassamento dell’età di voto a sedici anni. Ne ha parlato recentemente Enrico Letta, ma già se ne discute da settimane. Far votare i sedicenni può essere una cosa giusta, sull’onda della grande partecipazione dei giovani ai “friday for future”, sperando in un loro maggiore interessamento alla politica. In realtà in buona parte dei Paesi occidentali si inizia a votare, così come da noi, a diciotto anni. In Europa si vota a sedici anni soltanto in Austria. Comunque, perché no? Allo stesso modo la riforma del sistema di acquisizione della cittadinanza: anche l’Ugl aveva elaborato delle proposte di revisione della legge che legassero percorso di studi e cittadinanza. In ogni caso non è una priorità, abbiamo norme simili a quelle di molti altri Stati, che funzionano relativamente bene. Ora quello di cui abbiamo maggior bisogno è rigore e trasparenza nella gestione delle migrazioni, ma la questione resta un chiodo fisso per la sinistra. Perché il Pd parla di questi temi? Probabilmente la causa è meno nobile di quanto si afferma nelle dichiarazioni retoriche sulla necessità di ascoltare i giovani e integrare gli stranieri. E si può individuare senza troppa difficoltà nella convinzione della dirigenza dem di poter in questo modo aumentare la propria quota di elettorato. Anche qui è possibile un’altra riflessione: nel suo essere immancabilmente snob, la sinistra è convinta che ragazzi e immigrati di seconda generazione debbano per forza di cose votare il Pd. Se non è classismo, quello di voler catalogare politicamente a priori intere fasce sociali, non sappiamo come altro considerarlo. Non potrebbero, invece, giovani e nuovi italiani, sentirsi più rappresentati da altre forze più vicine ai bisogni del popolo? Il Pd, attribuendosi di diritto i voti di giovani e immigrati, sembra voler fare “i conti senza l’oste”. In fondo, però, a pensarci ancora meglio, quello della riforma del diritto di voto è un problema che non si pone. Sappiamo infatti che il primo e principale obiettivo della sinistra ora di nuovo al governo è ritardare il più a lungo possibile il ritorno alle urne e, nel caso in cui si riesca a votare, è quello di mischiare le carte in tavola fino a tornare, volenti o nolenti gli elettori, al governo del Paese. Quindi inutile dibattere su chi debba e possa votare se già abbiamo difficoltà, noi ultradiciottenni e in possesso della cittadinanza, a poter dire la nostra e vedere rispettata la nostra volontà. Ricordando il celebre motto di Mark Twain, giovani o meno giovani, italiani o immigrati “se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” perché, come abbiamo ormai imparato, qualunque risultato esca dalle urne, poi arriva il Pd e rimette le cose “a posto”.