di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ci si chiede spesso quali siano le ragioni alla base della disaffezione dei cittadini alla politica. Le motivazioni sono tante, ma, tra le altre, una è la mancanza di coerenza che si riscontra in Parlamento. Insomma, i cittadini votano chi promette di fare determinate cose e comportarsi in un certo modo, ma poi, dopo eletti, molti politici fanno l’esatto opposto di quanto annunciato. Il vincolo di mandato proposto da Di Maio potrebbe ovviare a cambi di casacca dei singoli, ma, come abbiamo visto recentemente, sono proprio le formazioni, intere e compatte, a compiere spericolati salti della barricata. Si pensi al M5S, che da acerrimo nemico del Pd ne è diventato alleato, cambiando non tanto partner di governo quanto, soprattutto, progetto politico e visione del mondo. E proprio per questo molti stanno abbandonando la nave alla deriva, costringendo i dirigenti pentastellati a inventare misure coercitive per impedirgli la fuga. Anche Italia Viva di Renzi, nata il giorno dopo la nomina dei nuovi sottosegretari, sempre pronta a dettare le condizioni al Conte Bis, con la velata minaccia di poter staccare la spina al governo, non è da meno. Questi “giochi di palazzo”, capaci di creare alchimie del tutto distanti dalle richieste popolari, poco piacciono agli italiani. Un altro problema è quello della stabilità dei governi: nel nostro Paese la durata media di un Esecutivo è di circa un anno e due mesi. Ciò comporta un continuo rimescolamento di carte, che impedisce di portare a termine le azioni politiche e poi assumersene la responsabilità. Le cose erano in parte cambiate quando l’Italia si era avviata verso il bipolarismo, ma ora, data la situazione multipolare, ci troviamo di nuovo nel bel mezzo del guado. E il fatto che da settimane si parli più di incarichi, poltrone, alleanze e scissioni piuttosto che dei reali problemi del Paese ne è un’eloquente dimostrazione. Per affrontare e cercare di risolvere questi due problemi, 5 Regioni – Sardegna, Friuli, Veneto, Lombardia e Piemonte – hanno avviato l’iter del referendum per chiedere l’abolizione della quota proporzionale nell’elezione del Parlamento, invocando “una legge elettorale chiara, per cui chi vince le elezioni governa”. Se dovesse andare in porto il previsto taglio dei parlamentari, infatti, si inizierebbe a discutere di riformare la legge elettorale. M5S e Pd sono orientati verso un ritorno al proporzionale, il centrodestra spinge, invece, verso il maggioritario. Ora occorrerà attendere l’evolversi della situazione dato che, onde evitare vuoti normativi, al referendum occorrerebbe abbinare una contestuale riforma dei collegi elettorali. Nella speranza di avere un sistema che possa garantire stabilità, coerenza e che finalmente riallacci il legame, essenziale, fra rappresentanza parlamentare, potere esecutivo e volontà popolare.