Thomas Cook, il tour operator britannico fondato nel 1841, alla fine ha annunciato il fallimento, cancellando con effetto immediato tutti i voli e le vacanze future. Una vicenda che non solo mette a rischio 22mila posti di lavoro (di cui novemila solo nel Regno Unito), ma che ha reso necessaria una vasta operazione di rimpatrio per 500mila persone, per la quale il ministro dei Trasporti britannico ha annunciato di aver messo a disposizione 45 aerei della Civil Aviation Authority. Secondo il Sole 24 Ore l’operazione di rimpatrio costerà al governo britannico circa 600 milioni di sterline, 400 milioni in più di quanto sarebbe servito a Thomas Cook per evitare il fallimento. In agosto, infatti, il colosso dei viaggi aveva raggiunto un accordo su una ricapitalizzazione da 900 milioni di sterline con il fondo cinese Fosun. Sul piatto però i creditori pretendevano altri 200 milioni, che Thomas Cook avrebbe dovuto trovare da altri finanziatori. Cifra però non ottenuta. Lo stesso governo aveva rifiutato di aiutare la società con 150 milioni di sterline. In una nota diffusa dal colosso questa mattina si legge che, nonostante nell’arco del fine settimana la società si sia impegnata a cercare una soluzione per la ricapitalizzazione, le trattative hanno avuto esito negativo, costringendo la società a richiedere immediatamente la liquidazione giudiziaria.  Commentando la vicenda l’Amministratore delegato di Thomas Cook, Peter Fankhauser, ha detto: «È una questione di profondo rammarico per me e per il resto del consiglio che non abbiamo avuto successo. Vorrei scusarmi con i nostri milioni di clienti e migliaia di dipendenti, fornitori e partner che ci supportano da molti anni».