di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

L’accordo firmato da Inps e Ispettorato del Lavoro con Confidustria, Cgil, Cisl e Uil intende misurare e certificare la rappresentanza sindacale anche nel settore privato sul modello di quanto già avviene nel pubblico impiego. L’obiettivo dichiarato dagli estensori della convenzione è quello di migliorare le condizioni di lavoro, contrastando i contratti “pirata” e il dumping salariale, e di attuare l’articolo 39 della Costituzione. Eppure questo coro unanime con le voci di Catalfo, Boccia e Landini non convince. Innanzitutto perché in realtà l’accordo non riguarda che una minima parte del mondo del lavoro privato: non intercetta, infatti, che 23mila aziende, che occupano 2,3 milioni di persone, pari al 16% del totale dei lavoratori. Il mondo del lavoro italiano non si esaurisce alle segreterie di Cgil, Cisl e Uil e soprattutto non è racchiuso negli uffici di via dell’Astronomia, specie considerando il fatto che le piccole e medie imprese, l’artigianato, il commercio, costituiscono la vera ossatura della produzione e del lavoro nel nostro Paese. Non solo. La convenzione potrebbe avere effetti sulla contrattazione collettiva a livello nazionale, ma non su quella aziendale, dove contratta chi ha voti e iscritti e quindi Rsu ed Rsa. Ma ciò che convince ancor meno è lo spirito dell’accordo. Blindare la rappresentanza non è una buona idea. Concepire regole per limitare la possibilità di scegliere a chi affidare il proprio mandato rappresentativo, oppure fare in modo di costruire un recinto invalicabile dentro il quale i soliti prendono le decisioni e gli altri non possono entrare non è il metodo migliore, né a livello politico, tantomeno a quello sindacale. La democrazia si fonda sul rispetto del pluralismo ed è necessario dare a tutti i lavoratori la possibilità di partecipare e dire la propria. Lo ha detto in modo chiaro il professor Sapelli: “Ci siamo fatti questa indebita idea che lo Stato debba organizzare la rappresentanza sindacale. Invece, lo Stato deve favorirla”. L’accordo sulla rappresentanza fra la Triplice, Confindustria e il Governo sembra invece andare nella direzione opposta, verso un modello autoreferenziale. Senz’altro queste sigle hanno una lunga storia e molti iscritti, ma non possono e non devono diventare delle potenze egemoni con l’avallo del nuovo governo. Quello che occorre, invece, è una riforma complessiva della rappresentanza che avvicini il sindacato ai territori e alle categorie e che sappia fornire anche servizi ai lavoratori, un sindacato moderno, 2.0, e poi, per una piena attuazione delle previsioni costituzionali, l’articolo 39 per la validità erga omnes dei contratti firmati dai sindacati – rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, recita il testo – presuppone il riconoscimento della personalità giuridica del sindacato tramite iscrizione ad un albo.