C’è voluto un incontro al ministero della salute per dare una prima, seppur timida, alla svolta alla annosa e, per molti versi, inqualificabile vicenda del contratto collettivo nazionale di lavoro della sanità privata, il cui ultimo rinnovo risale addirittura a dodici anni fa. Un ritardo enorme che, a conti fatti, pesa per quasi quindici punti percentuali sul potere d’acquisto dei dipendenti del settore, vale a dire circa 150 euro ogni mille euro di stipendio netto. Una situazione insostenibile che ha portato ad una forte mobilitazione delle organizzazioni sindacali di categoria, con pesanti ricadute sui servizi erogati ai cittadini, vittime incolpevoli, al pari dei dipendenti, dello stallo che si è creato in seguito all’atteggiamento di chiusura delle associazioni datoriali. Proprio quest’ultime, come ha fatto sapere la delegazione Ugl presente all’incontro con il nuovo ministro Roberto Speranza, si sono formalmente impegnate a riaprire le trattative sul rinnovo. Certo, come osservato anche dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil, il percorso rimane lungo e tortuoso, visti i tanti temi di confronto che non attengono soltanto agli aspetti economici del contratto, ma investono la tenuta occupazionale stessa dell’intero sistema. La sanità privata, anche più di altri settori, ha subito in questi anni gli effetti negativi delle norme introdotte con il Jobs act o a livello di legislazione europea.