di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Stavolta l’impressione è ancora più forte perché sono morti in quattro in un incidente che non si può non definire strage sul lavoro, annegati in una cisterna di liquami mentre erano al lavoro in un’azienda agricola di Arena Po, in provincia di Pavia. Stavolta sono obbligatorie, a causa del numero delle vittime, le prime pagine dei giornali. Ma quella di ieri non è che la punta dell’iceberg: ogni giorno si contano morti e feriti sul lavoro. Tragedie che di solito avvengono sottotraccia, non riuscendo ad imporsi all’attenzione dei media, nonostante si tratti di un continuo stillicidio, che, tirate le somme, data la quantità particolarmente elevata di vittime meriterebbe ben altra attenzione. Nei primi otto mesi del 2019 si contano, infatti, già 621 decessi sul luogo di lavoro. È un’emergenza ed è arrivato il momento di dire basta. La strage di ieri ci dice molto sul problema sicurezza. Il fatto che le persone coinvolte fossero due fratelli titolari dell’azienda agricola e due loro dipendenti, tutti indiani e legati fra loro da vincoli di parentela, probabilmente dopo la caduta del primo gli altri morti nel tentativo di salvarlo, ci fa comprendere ad esempio la necessità di una maggiore cultura della sicurezza. Sia per gli imprenditori che per i dipendenti. Emerge la drammatica assenza di una consapevolezza dei rischi e di cosa fare per minimizzarli. Le regole, seppur perfettibili, ci sono, ma devono essere conosciute e metabolizzate meglio per essere applicate, specie nei settori più a rischio. Serve, e non è un esercizio retorico, maggiore cultura della sicurezza, già a partire dalle scuole e attraverso una formazione più diffusa ed efficace nei luoghi di lavoro, per far comprendere che rispettare le regole non significa solo mettersi a posto con la legge ed evitare multe e sanzioni, ma, prima di tutto e cosa ben più importante, salvare vita e la salute propria e quella dei propri dipendenti se datori di lavoro, dei propri colleghi se lavoratori. E poi controlli severi, capillari, costanti, se ne fanno troppo pochi e spesso in modo inefficace. Occorre, quindi, un’azione forte, con interventi – e investimenti – concreti mirati a colmare le lacune nei due settori maggiormente carenti, formazione e controllo, per poi ottenere risultati tangibili, ossia vedere finalmente ridotta in modo drastico la triste conta delle vittime del lavoro. Ci auguriamo che il nuovo governo in carica non sottovaluti la situazione e si adoperi in modo tempestivo. Ad esempio riprendendo il lavoro dei tavoli con le parti sociali sulla salute e sicurezza che era stato avviato dal precedente esecutivo. Su un tema come questo bisogna fare quadrato, superare le contrapposizioni ed anzi collaborare tutti per affrontare nel modo più efficace possibile un problema drammatico ed inaccettabile in una società che si dice moderna e civile.