di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Sarebbe un grave errore lasciarsi suggestionare dalla designazione, indubbiamente prestigiosa, toccata “in sorte” a Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio italiano: Commissario agli Affari economici dell’Ue, successore di Pierre Moscovici. Quest’ultimo ha dichiarato: «Saluto la Commissione europea designata da Ursula von der Leyen. Il mio successore nominato, Paolo Gentiloni, è un amico e un’ottima scelta. Porterà i valori e le idee della famiglia socialdemocratica». Socialdemocratica ovvero un ritorno al passato e a questo punto già si potrebbe pensare di aver detto tutto e compreso ogni relativa implicazione sulle, infondate, speranze che tale designazione possa portare non solo prestigio, ma soprattutto respiro economico e sociale a un Paese, l’Italia, ancora sfinito e indebolito da quasi un ventennio di crisi economica. Il cui superamento è stato interrotto dal cambio di rotta politico del M5s, all’indomani delle elezioni europee, e con l’obbligato passaggio della crisi di Governo deciso questa estate dal leader della Lega, Matteo Salvini.
Immancabile e di rito il diluvio di messaggi entusiastici dedicati a Paolo Gentiloni, segnalando la sua nomina quale «segnale importante», «splendida notizia», da parte di Zingaretti, Orlando, Fassino, Gualtieri, Pittella, Furlan, Cairo, Patuelli, Boldrini, E. Letta, Mogherini. Chiaro anche il messaggio di Ursula von der Leyen che invita Gentiloni all’«applicazione del patto di stabilità, utilizzando appieno la flessibilità permessa all’interno delle regole». Qualcosa in più, ma staremo a vedere realmente quanto, di quello che la Commissione europea sarebbe stata disposta a concedere all’Italia, qualora al posto di Paolo Gentiloni ci fosse stato Giancarlo Giorgetti o Gian Marco Centinaio. Non dimentichiamolo.
Così come non dobbiamo mai dimenticare che la nomina si deve alla paura. Alla paura che il vento del sovranismo sempre più forte in Europa potesse ulteriormente ampliarsi con una Lega protagonista nel Governo italiano e in Europa. Alla paura non dell’uscita dall’euro dell’Italia ma della precisa richiesta da parte dell’Italia di una revisione integrale di regole e accordi, compreso quello di Dublino, che adesso, dalla Francia al presidente del Parlamento Ue, Sassoli, sono disposti a ritoccare. Vedremo a vantaggio di chi. Gentiloni cancellerà il (brutto) ricordo di Moscovici? Difficile dopo aver dichiarato «cercherò di onorare l’Italia, lavorando nell’interesse di tutti i cittadini europei» e ancora di più pensando che sarà Valdis Dombrovskis il responsabile dell’Europa sociale, il vice presidente dell’Economia nella Commissione. Dunque l’Italia non conta da oggi ma contava ieri, quando a Palazzo Chigi governava un’insolita e inedita coalizione, talmente nuova e talmente rivoluzionaria da spaventare la Ue e non solo.
La paura fa Affari economici.