di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Tira una forte aria di restaurazione, e non solo in Italia. Anche il leader britannico Boris Johnson è alle prese con resistenze accanite e trasversali alla Brexit. L’ex sindaco di Londra non molla, vorrebbe procedere all’uscita del Regno Unito dalla Ue entro il prossimo 31 ottobre ed evitare ad ogni costo un ulteriore rallentamento delle trattative. «Meglio morto che chiedere un’altra proroga a Bruxelles», ha detto senza mezzi termini. Dopo la clamorosa decisione di qualche giorno fa di sospendere i lavori del Parlamento onde evitare boicottaggi alla Brexit, è arrivata la controffensiva. Lo scorso martedì la Camera dei Comuni ha approvato una mozione finalizzata a impedire l’uscita dalla Ue senza accordo e a prendere tempo, in caso non si arrivi a un compromesso con Bruxelles, fino al 2020. La proposta è passata grazie ai voti dell’opposizione sommati a quelli, determinanti, di una ventina di conservatori, poi espulsi dallo stesso Johnson dal partito. Tra questi il nipote di Churchill, icona dei Tories. Persino il fratello di Boris, Jo, viceministro del suo governo, si è dimesso dichiarandosi «lacerato tra la famiglia e l’interesse nazionale». Le dinastie politiche non sono caratteristica solo italiana, evidentemente. Comunque Boris è stato di nuovo messo alle strette e con lui la maggioranza dei britannici, che a suo tempo aveva votato “Leave” al referendum. Direbbero oggi i “bravi” di un qualche Don Rodrigo: «Questo divorzio – fra Uk e Ue – non s’ha da fare, né domani, né mai». È certamente vero che l’uscita dall’Europa, specie se senza accordi, comporta molti rischi, non solo di tipo economico, ma anche relativi all’unità nazionale, perché potrebbe alimentare l’indipendentismo nordirlandese e scozzese. Comunque è stata scelta dai cittadini e tornare indietro rappresenterebbe uno smacco per la democrazia. Ora Johnson, per ribattere alla reazione parlamentare, invoca le urne: in caso di approvazione della legge contro il no deal, considerandosi sfiduciato, potrebbe infatti indire nuove elezioni. Le ennesime negli ultimi anni. A meno che non si coalizzino i contrari all’hard Brexit dando vita a un “ribaltone” in salsa britannica. Singolare il fatto che anche Oltremanica si ripropone la contrapposizione fra “populisti” che chiedono il voto richiamandosi alla sovranità popolare e “restauratori” che temono le elezioni e per impedirle potrebbero essere disposti a impensabili alleanze. I tempi restano molto stretti: l’eventuale voto dovrebbe tenersi entro la scadenza del 31 ottobre, intorno alla metà del mese prossimo. Tutte le decisioni dovranno essere prese prima della chiusura del Parlamento, che sarà comunque sospeso nella data stabilita e approvata dalla Regina. Quindi il prossimo lunedì assisteremo con tutta probabilità all’ennesimo colpo di scena nell’ormai infinita “telenovela Brexit”.