Non sono poi così lontani i tempi in cui M5s e Partito Democratico amavano rivolgersi a vicenda pesanti insulti

A noi attoniti spettatori di una trattativa che di giorno in giorno si rivela essere una farsa, non resta che aspettare, insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il verdetto proveniente dalla piattaforma Rousseau attraverso il quale, secondo il M5s, sarà la base pentastellata a decidere se il governo giallorosso si farà oppure no. Lasciando da parte le innumerevoli questioni costituzionali che l’uso della piattaforma in questo frangente comporterebbe, analizzate da costituzionalisti su alcuni quotidiani che, allo stesso tempo, partecipano al teatrino di approvazione per la nascita del nuovo esecutivo, ciò che resta sconcertante sono i ricordi non così lontani degli insulti a mezzo stampa e via social che la nuova coppia politica, M5s e Pd, non ha mai perso occasione di indirizzarsi a vicenda.

Sarebbe troppo facile, adesso, ricordare le gesta e le parole di fuoco di una pasionaria come la senatrice Paola Taverna o anche quelle non meno dure, anche se meno colorite, di Luigi Di Maio, il quale ha dovuto cedere sulla sopravvivenza di una carica così significativa, pur di non essere escluso dal nuovo esecutivo o, quanto meno, dalla guida politica del Movimento (e staremo a vedere se poi riuscirà davvero in questo intento). Senza dimenticare quelli di Matteo Renzi o del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Resta indelebile nella memoria il vero motivo per cui il Movimento guidato dalla figura carismatica Beppe Grillo è nato anni fa (il Vaffa Day), ovvero sconfiggere, se non addirittura eliminare, la partitocrazia e quella casta di cui il Pd, e tutte le sue versioni precedenti, rappresentava e rappresenterebbe ancora oggi a pieno titolo. Basterebbe leggere i giornali. Ricordate come veniva sbeffeggiato il Nazareno? «Pd meno L», amava ripetere lo stesso capo carismatico del partito, Beppe Grillo, per significare che questo o quello tanto sono tutti uguali.

E adesso? Adesso sono persino riusciti a redigere la bozza dell’intesa e dei punti programmatici, attraverso i quali si sta tentando di dare una parvenza di visione comune a due soggetti politici fino all’altro ieri lontani a distanze siderali l’uno dall’altro. Ma non saranno di certo 4 pagine con 26 punti a farci dimenticare che il Pd è stato, è e sarà il partito delle crisi bancarie, da Montepaschi a Banca Etruria, e quindi il partito della casta; il partito delle infinite riforme delle pensioni e delle riforme del lavoro che hanno prodotto solo precarietà e decretato la fine dell’articolo 18; il partito coinvolto nello scandalo del Csm (che il Blog delle Stelle solo il 18 luglio scorso definì «la P2 del Pd») e infine il partito più coinvolto nel “caso Bibbiano”, di cui “ovviamente” oggi non si parla più.