di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Se non fossimo distratti dalle vicende nostrane, ossia dalla crisi di governo “più pazza del mondo” che potrebbe a breve sfociare nel governo Frankenstein, come l’ha definito Calenda, dato che si sta tentando di ridare vita artificialmente a corpi in disfacimento, Pd e M5S, mettendoli insieme un po’ alla rinfusa, dovremmo necessariamente pensare che la notizia politica del giorno non viene dal nostro Paese, ma da Oltremanica. In quel di Londra, infatti, il Primo Ministro Boris Johnson ha chiesto alla regina Elisabetta, che ha accettato, di sospendere i lavori del Parlamento, una procedura inconsueta ma prevista dalle leggi britanniche, dalla metà di settembre a quella di ottobre, per avere più ampi margini di trattativa con Bruxelles nelle fasi finali della Brexit, prevista per il prossimo 31 ottobre. Al fine di evitare un boicottaggio da parte di Westminster, dove dominano posizioni Remain o comunque contrarie ad un’uscita ad ogni costo, se necessario anche con il no deal. Una mossa, quella di Johnson, che attesta in modo dirompente lo scollamento fra palazzo e popolo. Da un lato i cittadini britannici, favorevoli alla Brexit, che, dopo il fallimento della May, hanno trovato in Johnson il loro campione. Dall’altro i parlamentari, laburisti ma anche diversi conservatori, in gran parte ostili, invece, a un così grande cambiamento come quello determinato da un’uscita dall’Ue. Il tema è quello di una democrazia rappresentativa nella quale i rappresentanti si sono trasformati progressivamente da portavoce in interpreti ed infine, alla bisogna, anche in censori della volontà popolare. Un atteggiamento comune a buona parte della classe politica, che si è auto innalzata dal ruolo di delegato a quello di tutore del popolo, giudicato quindi incapace di autodeterminarsi. Così Johnson il “populista” , con l’avallo reale, ha tentato una carta ardita per rispettare la volontà dei cittadini. Lo scollamento fra popolo e palazzo non è certo un male solo britannico, si pensi a quanto sta accadendo da noi. In Italia, con il nascituro governo Frankenstein, il palazzo sembra avere di nuovo la meglio sul popolo, dopo la fine dell’esperienza gialloblu. L’esecutivo in formazione è, infatti, palesemente in controtendenza rispetto alla volontà popolare. Da un punto di vista formale certamente legittimo, non altrettanto da quello sostanziale. Non sorprende l’autoreferenzialità del Pd, il partito dell’establishment. Sconcerta invece la giravolta del M5S, che da movimento popolare antagonista della “casta” sembra ora arroccato ad ogni costo nel palazzo, specie quella parte di pentastellati che sono arrivati perfino a rinnegare la loro piattaforma Rousseau, che, seppure spesso mal funzionante e criticabile, era nata proprio con l’intenzione di avvicinare popolo e palazzo, superando i limiti della democrazia rappresentativa attraverso uno strumento di democrazia diretta.