di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Gli italiani stanno seguendo con il fiato sospeso le trattative, al momento arenate, fra Zingaretti e Di Maio per la formazione dell’eventuale governo “giallorosso”. Come sempre, fa parte del nostro carattere nazionale, parteggiando vigorosamente chi per una, chi per un’altra formazione politica. Sacrosanto, anche noi abbiamo simpatie ed affinità, come anche inevitabili incompatibilità. Eppure bisognerebbe conservare maggiore obiettività di giudizio, considerando il fatto che la questione riguarda il futuro prossimo del nostro Paese. Da quanto si apprende dai mass-media, l’oggetto principale dei vertici, quelli già fatti e quelli annullati, fra pentastellati e democratici riguarda il “chi” mentre è lasciato in sospeso il ben più importante “cosa”. In sintesi si dibatte sulla figura di Conte, se confermarlo o meno nel ruolo di Presidente del Consiglio, e si discute per piazzare i propri esponenti in questo o quel ministero. Quel che invece al momento sembra passato in secondo piano è il programma dell’eventuale governo. Ammesso e non concesso che M5S e Pd riusciranno a intendersi e a sistemare nel posto giusto tutte le “pedine”, dopo aver assegnato tutte le poltrone in un sistema di pesi e contrappesi soddisfacente per entrambi, cosa dovremmo aspettarci da questo nuovo governo? Quale sarebbe la visione politica nelle questioni economiche e sociali, nell’elaborazione della legge di bilancio? Austerity o politiche espansive? Quale l’indirizzo sulla materia fiscale? E l’esito delle riforme già fatte, da RdC a Quota Cento? La linea su sicurezza e immigrazione? Forse ai cittadini, al di là del tifo da stadio, è questo che interesserebbe sapere e la risposta è ancora piuttosto fumosa. A suo tempo il “governo del cambiamento”, ben prima dell’insediamento, anzi a precondizione della sua stessa nascita, aveva messo a disposizione di tutti il testo del contratto, ovvero un programma piuttosto dettagliato. Piacesse o meno, comunque chiaro. Ora, invece, i pentastellati hanno stilato un loro elenco di dieci punti, che comprende questioni spinose. Fra le più significative la riforma del sistema bancario, la revoca delle concessioni autostradali, il salario minimo orario, la revisione del metodo di elezione del Csm. Non è dato sapere quanti di questi temi, note battaglie dei 5 Stelle osteggiate da sempre dal Pd, ora sarebbero fatti propri dai dem. Allo stesso modo il Pd, più modestamente, ne ha messi sul tavolo la metà, tra i quali ci sono la fedeltà alle regole Ue e il cambio di registro nella gestione di flussi migratori. Di nuovo non è chiaro se questi punti saranno accettati dal M5S, che in caso di assenso cambierebbe completamente linea politica rispetto al passato. Il tutto a poco più di 24 ore dal termine delle consultazioni al Quirinale e quindi da un possibile incarico di Governo.