di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Siamo nel cuore dell’estate, ma la mente già è proiettata verso la prossima stagione, quando ricominceranno a pieno ritmo tutte le attività, la scuola, il lavoro. Tempo di vacanza, quindi, ma anche di bilanci, riflessioni, progetti, buone intenzioni. Molti giovani in questo periodo sono alle prese con scelte importanti riguardanti il proprio futuro, dovendo decidere che percorso di formazione intraprendere, anche in vista di un possibile sbocco lavorativo. Per questo abbiamo pensato di dedicare un numero della nostra Meta Serale ad analisi ed approfondimenti sull’attuale situazione, su quali siano oggi le professionalità più richieste dalle aziende, provando anche ad immaginare quali saranno negli anni a venire. Chiariamo bene la questione. Non siamo mai stati fautori del numero chiuso, per tante buone ragioni. La prima è che la cultura – quella degna di questo nome, non ci si riferisce certamente agli autoproclamati intellettuali radical chic, ça va sans dire – trascende i bisogni immediati e materiali del “mercato” del lavoro: bisogna avere la possibilità di studiare e approfondire, se lo si desidera, anche materie che al momento non garantiscono un impiego tempestivo, imparare per il gusto di sapere. Spesso, tra l’altro, è così che vengono fuori le idee migliori, con poi anche conseguenze positive dal punto di vista dell’applicazione pratica. La seconda ragione è che troppo spesso il numero chiuso non è stato collegato al merito né, tantomeno, alle reali esigenze dell’economia, delle aziende e del Paese, ma è servito, più che altro, ad alimentare caste e nepotismi. Tutt’altra cosa è, invece, la meritocrazia, che riconosce concretamente talento ed impegno e permette ai più validi, anche quando altrimenti impossibilitati per condizioni economico sociali non favorevoli, di andare avanti nel proprio percorso formativo, a vantaggio di tutta la comunità. In questo senso ci sarebbe da fare di più, aiutando meglio chi vuole impegnarsi ed avendone le capacità non ne ha la possibilità. Detto ciò, è altrettanto importante mantenere i piedi per terra e, se l’obiettivo è quello della crescita, sociale ed economica, è anche necessario che la politica, o meglio la classe dirigente in senso più ampio, si interroghi in modo costante e approfondito su quali siano le prospettive future dell’economia e del lavoro, rendendone poi partecipe la cittadinanza, mettendo così i giovani e le loro famiglie in condizione di scegliere con cognizione di causa su quale percorso puntare ai fini pratici del lavoro e poi, conseguentemente, mettendo loro a disposizione un sistema di istruzione e formazione adeguato. Cultura, meritocrazia, orientamento e formazione al lavoro. Elementi niente affatto antitetici, anzi. Tutti, anche se in modo diverso, sono necessari e complementari per un percorso lungimirante di sviluppo del Paese.