È stato sicuramente un male delegittimare il “pezzo di carta”, in primis la laurea e anche gli altri titoli di studio, perché, nonostante la crisi, resta l’unica chiave di accesso utile per realizzarsi o per riconvertirsi professionalmente. Insieme alla crisi, la “svalutazione” del titolo di studio ha indotto molti giovani e meno giovani ad arrendersi, a non fare attente riflessioni prima di scegliere il percorso di studi o intraprendere una “riconversione” professionale. Di occupazione non ce n’è per tutti e la responsabilità di un’eventuale scelta errata non è da imputare tutta agli studenti e alle famiglie o al singolo (ex) lavoratore, ma anche alle lacune del nostro sistema che tuttavia sta tentando un riassestamento. D’altra parte, si preferisce ancora in molti casi avere un figlio in possesso di una laurea, nonostante, qualora non fosse ben mirata, possa rivelarsi ben presto un vicolo cieco, piuttosto che con un diploma professionale, pur potendo rappresentare, se non un’autostrada, quanto meno un accesso sicuro al mondo del lavoro in Italia e non solo. Ad esempio, il Politecnico di Torino inaugura a settembre uno dei primi corsi in Italia che danno attuazione al decreto ministeriale che prevede la possibilità di istituire, in via sperimentale, nuovi percorsi di laurea a orientamento professionale: il corso in Tecnologie per l’industria.