In un contesto di incertezza generale, l’economia dell’Italia sembra passarsela meno male di quanto invece vorrebbe un certo tipo di retorica. Negli ultimi tempi, infatti, si è letto di tutto e di più, dalla fase stagnante della nostra economia ad un ipotetico (e quanto mai remoto) «rischio Grecia», secondo l’agenzia di rating S&P, che si verificherebbe a determinate condizioni (cioè in «uno scenario alternativo in cui i policymaker perseguano soluzioni non ortodosse, come l’introduzione di una valuta parallela o di misure di bilancio senza copertura finanziaria, per eludere i vincoli fiscali stabiliti dai trattati UE»), valutazioni che però si scontrano con i più recenti dati. Non si tratta di nascondere la testa sotto la sabbia, la crescita è modesta e sarebbe opportuno adottare politiche in grado di rilanciarla. Ma intanto sono stati registrati valori che qualcosa di buono sembrano suggerire, soprattutto in prospettiva. L’Italia è riuscita a raggiungere un accordo con l’UE che ha bloccato sul nascere l’avvio di una procedura d’infrazione per debito eccessivo nei confronti del nostro paese. Una circostanza che, sicuramente, ha influito in maniera positiva sul clima di fiducia delle famiglie e in particolare delle imprese. A luglio, infatti, l’Istat ha stimato un aumento dell’indice relativo ai consumatori, un notevole balzo in avanti, da 109,8 a 113,4. E anche per l’indice composito del clima di fiducia delle imprese si è registrata, appunto, una dinamica positiva, da 99,3 a 101,2. Per quanto riguarda le imprese, il miglioramento è risultato generalizzato a tutti i settori (con l’eccezione della manifattura dove l’indice continua a diminuire, seppure lievemente). Si è evidenziato inoltre un aumento delle attese su ordini e produzione diffuso a tutti i settori, mentre, con riferimento ai consumatori, l’indice di fiducia torna ad aumentare, riportandosi sui livelli di inizio anno. «Il recupero della fiducia – spiegava l’Istat – è condizionato positivamente dalle opinioni sulla situazione economica dell’Italia». I dati sulla produzione industriale (indicatore fondamentale per misurare lo stato di salute di un’economia) destano qualche preoccupazione in più, avendo registrato diversi cali nel corso degli ultimi mesi (a giugno 2019 -0,2% su base congiunturale e -1,2% in termini tendenziali), fatta eccezione per il recupero osservato a maggio. Ma dalle risposte di imprese e famiglie, emerge più di qualche spiraglio positivo. Insomma, è lecito aspettarsi un ritorno alla crescita, dopo i primi mesi del 2019 piuttosto fermi, nella seconda metà dell’anno.