di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Alla lista, che si fa sempre più lunga, di Stati governati da figure politiche nuove e difficilmente catalogabili negli schemi consueti, da ieri dobbiamo aggiungere anche la Vecchia Inghilterra. Come ormai sappiamo, il nuovo bipolarismo nel mondo occidentale è quello fra membri dell’establishment e populisti. Se, per la sua dialettica aggressiva e lo stile anticonformista, Boris Johnson può con certezza essere considerato un outsider, in molti si chiedono se la definizione di populista, qualunque cosa ciò voglia dire, possa adattarsi anche al biondissimo ex sindaco di Londra e neo premier britannico. Se ci si fermasse all’estrazione sociale, il termine sembrerebbe poco adatto a Johnson, appartenente all’alta borghesia britannica, ma del resto anche il presidente americano Donald Trump, capofila del nuovo corso politico e conclamato populista, non è certo noto per le sue origini operaie. A quanto pare, quindi, non è questo il punto. Poco importa alla cittadinanza delle origini di un politico o di simili questioni di gossip. Quello che conta sono le ricette, il riuscire o meno a suscitare la speranza di un miglioramento delle concrete condizioni di vita delle persone. Eppure, osservando le proposte dei vari populisti, o anche outsider che dir si voglia, notiamo grandi differenze ideologiche. Se il discrimine fosse l’attenzione al sociale e alla ridistribuzione della ricchezza, ad esempio, dovremmo osservare che Boris Johnson è fondamentalmente un liberista e non certo un esponente di quella che in Italia definiremmo “destra sociale”. Vuole un’immigrazione controllata, qualificata, forse è sovranista, ma nel senso di rendere più libero il Regno Unito di agire sui mercati mondiali. Sul fronte dell’etica, esistono populisti tradizionalisti che si richiamano ai valori cristiani e ce ne sono altri del tutto modernisti e libertari, come Boris. A questo punto la domanda sorge spontanea. Qual è, se esiste, il minimo comune denominatore di questa nuova ondata di politici che sta dilagando, spazzando via apparati che sembravano inossidabili? Forse invece che osservare loro, dovremmo analizzare meglio i loro avversari. Quelli sì, che sono tutti uguali, i boy scout della globalizzazione in salsa dem, da Obama a Macron, passando per Renzi, fino ad arrivare a Sanchez. Con le loro camicie bianche, il politically correct e soprattutto l’ossequio per un ordine costituito che in Europa come in America non ha dato buoni frutti e che, in un modo o nell’altro, andava messo all’angolo, possibilmente da outsider dai modi spicci.