di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il gip di Agrigento negando la convalida degli arresti domiciliari alla comandante della Sea Watch, Carola Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra – in ragione dell’«obbligo in capo al capitano e alle autorità nazionali indistintamente di prestare soccorso e prima assistenza» – ha ottenuto diversi risultati, nessuno dei quali però a vantaggio della legalità e del rispetto delle regole nel nostro Paese. Il gip, per motivi apparentemente incomprensibili, non ha tenuto conto di quanto affermato il giorno prima dal Procuratore capo della stessa Agrigento, Luigi Patronaggio, dopo l’udienza di convalida dell’arresto della stessa Rackete, secondo il quale la Capitana non poteva giustificare la propria condotta appellandosi ad uno stato di necessità in quanto «la nave Sea Watch aveva ricevuto nei giorni precedenti assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorità marittime e militari per ogni assistenza», ecco perché la sua manovra nel porto di Lampedusa è stata ritenuta « un atto volontario che ha provocato lo schiacciamento della motovedetta verso la banchina, condotto con coscienza e volontà», violando così l’alt intimato dalla stessa Guardia di Finanza. È del tutto comprensibile, dal suo personale punto di vista di Capitana e dal punto di vista di quelle Ong che scorrazzano nel Mediterraneo in cerca di naufraghi da portare in Italia, essere «commossa» e parlare di «grande vittoria della solidarietà». Bel risultato! Altra “importante” conseguenza è la promessa-minaccia espressa dalla Ong Sea Watch proprio dalla sua “città natale”, Berlino ovvero quella di essere già pronta a far partire un’altra nave per la ricerca e il soccorso di migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Ma non basta: anche l’Anpi ha avuto un’occasione in più per attaccare il ministro degli Interni, Matteo Salvini, il quale si è permesso, pensate un po’, di esprimere il suo disappunto per la decisione del Gip di Agrigento affermando di essere «arrabbiato», definendo la sentenza «vergognosa», considerando a questo punto urgente una riforma della giustizia. Riforma che, alla luce degli scandali che da più di un mese a questa parte continuano a emergere, era stata invocata già da più parti, persino dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma se la chiede Salvini, apriti cielo: si ribellano Csm, Anm e ovviamente l’Anpi, mentre piovono anche immancabili accuse di sessismo. Nel frattempo, il prefetto di Agrigento ha emanato un provvedimento di espulsione, mentre la Procura di Agrigento ha negato il nulla-osta all’allontanamento della Rackete fino al 9 luglio, giorno in cui la comandante sarà interrogata dai pm niente di meno che per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La stessa procura, badate bene, che a gennaio ha indagato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per sequestro di persona sul Caso Diciotti. Siamo sicuri che Agrigento sia ancora in Italia?