di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

 

Nell’ultimo capitolo della “saga” Sea Watch si fa fatica a stabilire chi, tra alcuni dei protagonisti, stia recitando la parte peggiore. Sono indeciso se consegnare la “palma d’oro” alla Capitana, Carola Rackete, la quale, sfruttando 42 persone in cerca di miglior fortuna, si è assunta arbitrariamente delle discutibilissime responsabilità, anche da un punto di vista umanitario prima ancora che legale, pur di attaccare politicamente un’intera nazione attraverso il ministro degli Interni, Matteo Salvini. O se consegnarla collettivamente a coloro che, italiani, come ad esempio i parlamentari Fratoianni, Magi, Faraone e – fatto ancora più grave – l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio (Renzi), Graziano Delrio, stanno usando gli stessi migranti e la suddetta Capitana, facendola assurgere a paladina dei diritti umani al di là e al di sopra delle leggi (da lei stessa invocate), per mettere in difficoltà il Governo attraverso il ministro degli Interni, Matteo Salvini, e un intero Paese – il loro – agli occhi del mondo. E, chissà, visto che siamo anche in piena trattativa con la Ue, condizionare il percorso verso una procedura di infrazione. Tentativo,a quanto risulterebbe, non riuscito. La narrazione della vicenda Sea Watch 3 apparsa su alcuni dei maggiori quotidiani italiani è caduta nel più scontato dei luoghi comuni contrapponendo un Capitano, Matteo Salvini, così come viene chiamato dai militanti del suo stesso partito, in realtà ministro degli Interni e vice premier, a una Capitana, di nome e di fatto, al timone di una nave appartenente a una Ong tedesca battente bandiera olandese. La contrapposizione oltre che banale è soprattutto inopportuna. Gli italiani “guidati” dalla cosiddetta sinistra e dal Pd o, meglio, da ciò che di esso ne è rimasto, – che hanno partecipato ad una ingente colletta per sostenere la Capitana – accecati dal rancore politico, non riescono a vedere il danno inferto prima di tutto al loro stesso Paese, poi allo Stato di diritto e in ultima istanza agli immigrati, sfruttati sia dalla criminalità, che si fa pagare profumatamente i viaggi clandestini della speranza, sia da una presunta paladina dei diritti umani. Gli italiani solidali con Rackete – a loro volta autoproclamatisi paladini dei diritti e della giustizia – ce l’hanno più con l’Italia, che con l’Olanda, la quale, pur riconoscendo la nazionalità della Sea Watch 3, ha rifiutato lo sbarco dei migranti, ha compreso le preoccupazioni dell’Italia, riconosciuto gli sforzi della stessa nel frenare la migrazione incontrollata verso l’Ue e condiviso le preoccupazioni riguardo alle azioni della Sea-Watch 3. La disfatta legale a cui sicuramente andrà incontro la Sea Watch 3 con la sua Capitana – e chissà magari insieme all’Olanda – alla luce di tutte le norme e di tutti i divieti violati, somiglia molto alla disfatta di un mondo ideologico che tra carità pelosa e giustizia a senso unico ha rischiato di portare al naufragio senza ritorno un intero Paese di circa 60 milioni di abitanti.