Un braccio di ferro che, giorno dopo giorno, diventa sempre più duro con le conseguenze che potrebbero essere pagate proprio dai lavoratori dipendenti. Lo scontro che va avanti da qualche giorno fra il management di ArcelorMittal, la nuova proprietà di Ilva, e il ministro del lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, si arricchisce infatti di un nuovo capitolo. Come noto, dopo un periodo di enormi difficoltà successivi alle disavventure giudiziarie della passata proprietà, una cordata capitanata da ArcelorMittal ha acquisito la proprietà degli stabilimenti ex Ilva, il più famoso dei quali a Taranto, dove la presenza nello stabilimento ha generato occupazione, ma anche pressanti questioni sanitarie. Lo scontro recente ha avuto una prima puntata con la comunicazione di ArcelorMittal della volontà di mettere in cassa integrazione poco meno di 1.400 dipendenti, cosa molto criticata dai sindacati, dalla Fiom alla Ugl, perché contrastante con gli accordi presi. Ma la classica goccia è stata la cancellazione dell’immunità sugli atti compiuti, cosa che ha portato i vertici di ArcelorMittal a dire che, in assenza di tutela legale, che l’altro vicepremier Matteo Salvini avrebbe voluto lasciare, lo stabilimento di Taranto chiuderà a settembre. Il tutto in attesa del tavolo di confronto al Mise che, stando così le cose, si annuncia carico di tensione.