Prima i toni duri di Di Maio, poi il comunicato ufficiale dell’azienda («Whirlpool non chiude a Napoli»). In ogni caso sarebbe stato impossibile equivocare le parole espresse stamattina dai microfoni di Rtl 102.5 dal ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, a cui poi sono effettivamente seguiti i fatti: «Whirlpool? Non ha tenuto fede ai patti, si è rimangiata la parola e ora dice di voler chiudere lo stabilimento di Napoli. Oggi firmerò per ritirare tutti gli incentivi». Dunque, “stop” a 15 milioni di euro con l’aspettativa che la multinazionale degli elettrodomestici torni «a più miti consigli visto che mercoledì abbiamo un incontro». Altrettanto chiaro, il disappunto espresso dall’azienda: «Con rammarico Whirlpool Emea prende atto della dichiarazione rilasciata dal ministro di voler revocare gli incentivi concessi e di bloccare il pagamento su quelli richiesti, pur non avendo l’azienda mai proceduto ad alcuna disdetta dell’accordo siglato», sottolineando che non intende «procedere alla chiusura del sito di Napoli, ma è impegnata a trovare una soluzione che garantisca la continuità industriale e i massimi livelli occupazionali del sito» e riconfermando «la centralità dell’Italia e la volontà di continuare a lavorare con tutte le parti coinvolte per trovare una soluzione condivisa». Però altrettanto vero è che una settimana fa l’annuncio di Whirlpool Emea ai sindacati, convocati per un incontro di “ordinaria amministrazione”, di non voler più investire sullo stabilimento di Napoli, con 430 lavoratori, è caduto come un fulmine a ciel sereno. L’accordo quadro sul nuovo piano industriale 2019-2021 è stato sottoscritto al Mise, alla presenza dello stesso Di Maio, solamente lo scorso 28 ottobre con l’impegno che Whirlpool non avrebbe licenziato nessuno e riportato in Italia parte della produzione spostata in Polonia. Ovvio che il “disimpegno” o la “chiusura” di Napoli (come di qualsiasi altro sito italiano), a seconda di come si voglia interpretare quello che l’azienda definisce «una soluzione che garantisca la continuità industriale e i massimi livelli occupazionali del sito», mette in discussione tutto il nuovo piano industriale. Anche perché non si sa dove andranno le produzioni di Napoli, anzi si teme una loro emigrazione in Polonia. I sindacati, dalla Cgil all’Ugl, sono unanimi nel chiedere al Governo di costringere Whirlpool Emea a rispettare gli impegni assunti. L’avvertimento non riguarda soltanto Whirlpool Emea ma tutte quelle aziende e, soprattutto, quelle multinazionali che credono di poter fare il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese. Dunque stavolta è una multinazionale che va in bianco. Ma non può essere nascosto il timore che dalla settimana scorsa percorre gli animi dei lavoratori dello stabilimento di Napoli, e non solo, e cioè che ad andare in bianco in questo duro braccio di ferro possano essere ancora una volta loro.