La settimana dei patti disattesi. Quello che sta succedendo sull’asse Napoli-Taranto richiama ancora una volta la leggerezza con la quale le multinazionali prendono alcune decisioni, destinate a pesare enormemente in termini occupazionali e sociali. Prima la Whirlpool con l’annuncio della chiusura del sito di Napoli, che seguirebbe il depotenziamento degli altri due stabilimenti campani; ora ArcelorMittal, che guida la cordata della nuova Ilva, annuncia la volontà di procedere alla cassa integrazione straordinaria per 1.400 dipendenti per tre anni, adducendo presunte difficoltà di mercato per i prodotti siderurgici. In entrambi i casi, si tratta di un venir meno agli impegni presi con le istituzioni nazionali e locali e con i sindacati nell’autunno scorso. La decisione sull’Ilva è stata accolta negativamente dalle organizzazioni sindacali, con le federazioni di categoria, dalla Cisl alla Ugl, passando per la Cgil e la Uil, supportate dai rispettivi segretari generali che richiamano ArcelorMittal al rispetto degli impegni presi. Una decisione giudicata inaccettabile, proprio nel momento in cui, come aveva potuto testimoniare lo stesso segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, che aveva visitato lo stabilimento tarantino un paio di settimane fa, si stava avviando un positivo percorso di ripresa, anche con una attenzione al tema ambientale, molto sentito dalla cittadinanza locale.