di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

È il momento di tornare ad un’economia a favore delle persone e del lavoro. Un’economia del buonsenso, appunto, contrapposta alle politiche rigoriste e dell’austerity, ai freddi dettami di Bruxelles, ai vincoli e ai parametri da rispettare ad ogni costo a scapito però delle fasce più deboli, elementi che piuttosto hanno avuto l’effetto di ampliare le distanze economiche e sociali, in Italia e in Europa. Ironia della sorte – si fa per dire – vuole che presenterò il mio libro «#Populeconomy: L’economia per le persone e non per le élites finanziarie» proprio nel giorno in cui la Commissione europea raccomanda l’apertura di una procedura d’infrazione per debito eccessivo nei confronti dell’Italia (l’iter prevede che ad analizzare il dossier sia il Comitato economico finanziario che si riunirà nei prossimi giorni per poi passare all’Ecofin, che si terrà invece a luglio). È il chiaro segno di come l’Europa, così come la conosciamo, abbia smarrito la bussola e, soprattutto, la missione di essere un faro per i popoli. Se finora i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni sono stati, nei fatti, un’emanazione del volere di Bruxelles per superare la crisi, c’è adesso da considerare una nuova e più importante variabile: la questione sociale, un passaggio chiave intorno al quale la politica è chiamata a misurarsi. La risalita economica cui abbiamo assistito di recente è un’effimera consolazione perché mentre il Prodotto interno lordo tornava – con estrema fatica – a crescere dello “zero virgola”, chi governava questi processi mostrava in verità una visione miope della società in trasformazione e dei divari che andavano (e vanno tutt’ora) a mano a mano allargandosi. Senza dimenticare tutte quelle componenti fondamentali per un’armonia sociale sacrificate a favore di questa fantomatica crescita: occupazioni sempre più pecarie, diritti cancellati, tutele schiacchiate. E, dall’altro lato, l’incapacità a gestire i mutamenti in atto a causa di fattori quali l’internazionalizzazione dei processi produttivi o l’impatto della tecnologia avanzata nelle frabbriche e negli uffici. Serve, oggi più che mai, un New Deal contro l’austerità, perché, è inutile girarci intorno, l’antidoto alla crisi è creare lavoro. È necessario restituire centralità al welfare, cioè quel complesso sistema di accompagnamento nei percorsi di vita e di sostegno alla fragilità, che rappresenta il fulcro delle questioni economiche e sociali e su cui il sindacato – a dispetto di una retorica avversa – mantiene il suo ruolo autorevole, di aggregazione e di comprensione dei problemi. Ecco, dunque, la «#Populeconomy», un modello che sia a portata dei cittadini e non a esclusivo uso e consumo della finanza. Questo libro – che avrò oggi l’onore di presentare a Roma – nasce proprio nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nelle strade e prende forma con le parole, le speranze e i timori delle migliaia di persone che ho incontrato in questi mesi. Si tratta di rilanciare una sfida non più rinviabile, una sfida che l’UGL ha fatto propria da tempo e dalla quale non si tirerà indietro.