Lo sbaglio più grande sarebbe quello di pensare che tutto dipenda dalla attuazione di quota 100, la misura a carattere previdenziale che sta permettendo a molti lavoratori, anche del pubblico impiego, di lasciare il lavoro con un certo anticipo rispetto a quanto previsto dalla Fornero. In realtà, le attuali carenze di personale nel settore medico e sanitario dipendono da una serie di errori di valutazione che si sono accumulati negli anni e che oggi vengono al pettine, come i classici nodi. L’ultima regione ad andare in sofferenza è il Molise. Il commissario straordinario alla sanità ha appena annunciato che chiederà il supporto dell’esercito, attraverso l’utilizzo di una parte dei cosiddetti ausiliari, ufficiali medici in pensione che hanno dato la loro disponibilità ad essere richiamati se necessario. Il caso del Molise, però, non è l’unico, in quanto anche Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Piemonte sono alle prese con problematiche simili e con soluzioni tampone che, per i sindacati di categoria, possono andare bene sul momento, ma sono inutili senza interventi strutturali di più ampia portata. La federazione di categoria della Ugl e Anaao-Assomed, ad esempio, puntano il dito contro le politiche di programmazione degli anni passati, dal numero chiuso all’università ai pochi posti disponibili nelle scuole di specializzazione. A fronte di un’età media di 55 anni, nei prossimi cinque anni potrebbero andare in pensione 45mila medici.