di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Come riuscire a creare inutili polemiche anche in un giorno di festa. Se non fosse bastata la trovata della ministra Trenta di impostare il 2 giugno sul tema dell’inclusione, con tanto di generali in polemica assenza dalla parata in versione pacifista, anche il presidente della Camera Roberto Fico ha pensato bene di dedicare la festa della Repubblica a rom e migranti. Ora, premessi i valori della non discriminazione, premessa la necessaria solidarietà verso i bisognosi, naturalmente nel rispetto – doveroso da parte di tutti – delle leggi e della civile convivenza, quella di mettere ancora una volta in un angolo i cittadini italiani e sminuire il ruolo delle nostre Forze Armate nel giorno a loro dedicato, per trasformare anche il 2 giugno nell’ennesimo spot globalista è apparsa come una sgradevole forzatura. Dopo Natale e Santo Stefano, con la Sacra Famiglia diventata per l’occasione rifugiata con riferimento alla fuga in Egitto, il Natale di Roma, del resto Romolo e Remo discendono da Enea, probabilmente turco, la Pasqua, con qualche riferimento forse a Mosè e al Mar Rosso, il 25 aprile neanche a dirsi, e le litanie del concertone del Primo Maggio, anche un’altra festa nazionale è diventata il pretesto per mettere al primo posto la questione migratoria. Questa vera e propria ossessione non ha come risultato quello di contribuire a rendere gli italiani più accoglienti e solidali, già lo sono più che abbastanza, ma, al contrario, genera spaesamento e insofferenza al punto di sortire l’effetto opposto. Perché per una volta non limitarsi ai tradizionali festeggiamenti senza dover necessariamente creare forzature? La motivazione sembra squisitamente politica: la sortita di Fico potrebbe essere classificata come un tipico caso di “dire a nuora perché suocera intenda”. Se, infatti, il destinatario apparente della sua esternazione dovrebbe essere Salvini, l’obiettivo reale sembra piuttosto Di Maio. L’attacco non è stato tanto alla Lega e ai suoi sostenitori, che ne sono usciti probabilmente ancor più rafforzati nelle proprie idee e magari anche con qualche percentuale di elettori in più, quanto all’attuale leadership pentastellata, provata dalle europee, puntellata dal voto su Rousseau, ma ancora fortemente indebolita. Continuare a credere nel progetto gialloblu e nel contratto di Governo, pur con tutte le sue problematicità, del resto già note, o gettare la spugna? Da un lato c’è Di Maio, dall’altro lo stesso Fico e chi vorrebbe abbandonare l’atteggiamento post-ideologico per virare decisamente a sinistra nel tentativo, i cui esiti sono tra l’altro tutti da verificare, di riacquistare così i consensi perduti. Il Movimento appare spaccato, con ripercussioni sull’azione di Governo. L’auspicio è che le attese dichiarazioni del Premier Conte aiutino a fare chiarezza una volta per tutte, nell’interesse del Paese.