Anche a maggio l’indice PMI manifatturiero di Markit si è mantenuto in territorio negativo, attestandosi a 47,7 punti, contro i 47,9 punti di aprile. L’indicatore, che misura l’attività del settore basandosi su un sondaggio realizzato tra un panel di aziende del settore, rimane quindi sotto la soglia dei 50 punti che ne delimita una fase di contrazione da una fase di espansione. A pesare maggiormente sull’intero settore è la debolezza che ha interessato i beni intermedi e quelli di investimento: in entrambi i casi, spiega Markit,  i tassi di peggioramento sono risultati ancora una volta elevati e in netto contrasto con la constante e modesta crescita del sotto settore dei beni di consumo (che crescono da cinque anni e mezzo consecutivi).  Analizzando i principali Paesi dell’Eurozona, la società londinese spiega che la Germania ha continuato a fare i conti con il peggiore deterioramento delle condizioni operative manifatturiere, con il rispettivo indice PMI ancora una volta in forte contrazione. Allo stesso tempo l’Austria ha osservato il peggioramento dello stato di salute dell’economia manifatturiera più elevato in più di quattro anni. Anche se di poco, pure il PMI dell’Italia è rimasto al di sotto di 50.0, aumentando però rispetto al mese precedente. In controtendenza Francia e Spagna, di poco sopra i 50 punti, ma soprattutto la Grecia e i Paesi Bassi, rispettivamente con 54,5 e 52,2 punti. Commentando i dati il Chief Business Economist di Markit, Chris Williamson, ha spiegato che «le guerre commerciali, il crollo della domanda del settore automobilistico, la Brexit e le incertezze geopolitiche globali rimangono i rischi comunemente citati che potrebbero influenzare le aspettative future».