di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il Partito Democratico, formazione che pure possiede una consolidata esperienza politica, riesce a collezionare con una costanza degna di nota una serie di scivoloni da record. Dopo la faccenda Zanda, il tesoriere fresco di nomina della “nuova era” Zingaretti che aveva avuto la bella pensata di proporre un aumento delle indennità per i parlamentari, poi costretto a ritirare il ddl sull’onda dell’indignazione popolare, ecco che ci ricascano votando no alla proposta di legge costituzionale per ridurre il numero di deputati e senatori. È successo ieri alla Camera, che ha dato il via libera – ne serviranno altri, dato il rango costituzionale della norma – al testo che prevede una sostanziosa diminuzione dei parlamentari. Tutto il centrodestra ha detto sì, da Forza Italia a FdI, compresa naturalmente la Lega che ha rivendicato la paternità della proposta assieme ai 5 Stelle, ritrovando sul tema un’unità di intenti nella maggioranza nell’entusiasmo che è seguito all’approvazione della proposta. Hanno deciso di votare no, invece, il Pd, Leu, +Europa e Civica popolare. Sappiamo che negli ultimi anni si era verificato un profondo scollamento fra cittadini e istituzioni dovuto alla sensazione, diffusasi a torto o ragione, che i politici si fossero trasformati in una “casta” più attenta ai propri interessi che a quelli della nazione e di fronte al fatto che il numero dei nostri rappresentanti parlamentari è piuttosto alto rispetto alla popolazione, una riduzione, dati anche i tempi di crisi, era opportuna, più che un reale risparmio economico, 500 milioni parrebbe, per il valore simbolico volto a significare una mano tesa verso il “popolo” per ricucire lo strappo e recuperare la fiducia della cittadinanza, senza peraltro stravolgere l’impianto complessivo della nostra democrazia parlamentare. Si pensi all’impatto, invece, fortissimo sulla rappresentanza democratica che avrebbe avuto la riforma Renzi-Boschi, fortunatamente bocciata tramite referendum. Tutte le maggiori forze politiche lo hanno compreso. Solo il Pd, come anche nel sopracitato caso Zanda, ingarbugliandosi nei distinguo, nelle precisazioni, nelle controproposte, ancora non riesce a capire l’importanza non (solo) propagandistica, ma sostanziale di azioni come questa, che, chiedendo alla politica un piccolo “sacrificio”,  hanno il pregio di un recupero di credibilità, necessario per ottenere qualcosa di fondamentale come la stabilità e la coesione sociale.

La sforbiciata

La proposta prevede che i deputati scendano da 630 a 400 ed i senatori da 315 a 200, in totale 345 parlamentari in meno. I senatori a vita non potranno essere più di 5. Non cambieranno le funzioni delle Camere né le modalità di elezione e sarà necessaria solo un’armonizzazione con il sistema elettorale. Dopo l’approvazione al Senato avvenuta a febbraio e quella di ieri alla Camera, ora serve l’ok in seconda lettura, senza possibilità di modifica al testo, di entrambe le aule. In caso positivo la norma potrebbe entrare in vigore entro agosto ed essere applicata già dalla prossima Legislatura.