di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

L’esperienza di questi ultimi anni dimostra, per l’ennesima volta, quale sia il ruolo del sindacato nella società moderna, che sarà anche liquida, come sostiene Zygmunt Bauman, ma che, forse proprio per questo, non può fare a meno degli organismi intermedi. E fra gli organismi intermedi, è esattamente il sindacato quello che meglio interpreta la complessità della società e i bisogni delle persone che compongono, messe insieme, una comunità umana. Le pagine che seguono ripercorrono due secoli e più di Storia e nascono prendendo spunto dal fatto che, nelle scorse settimane, è iniziato l’anno che porterà al settantesimo da quando si è consumata l’inevitabile rottura all’interno della Confederazione generale italiana del lavoro unitaria. Nel 1950, la convivenza fra le quattro diverse anime era diventata insostenibile. La volontà egemonica della componente socialcomunista, improntata sulla lotta di classe, non poteva non scontrarsi con le altre tre anime più partecipative, quella cattolica, che si ritrovò nella Cisl, quella laica-repubblicana, che fondò la Uil, e quella nazionale, con la Cisnal (e poi dal 1996 con la Ugl) a rappresentare un unicum nella storia sindacale italiana ed internazionale. Prima e dopo il 1950, vi è una Storia che è utile conoscere: la Rivoluzione industriale e il Luddismo; la lotta di classe di Marx ed Engels e la via italiana tracciata da Giuseppe Mazzini; il sindacalismo rivoluzionario di Filippo Corridoni e la Carta del Carnaro; il Corporativismo; gli anni del boom, il consolidamento della Triplice e la conventio ad excludendum; lo Statuto dei lavoratori e la scia di sangue del terrorismo; il Protocollo del 1993 e le relazioni industriali nella seconda repubblica.