di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ferma restando la necessaria cautela e l’ancor più necessaria fermezza nel proseguire con le riforme, nella consapevolezza della difficile congiuntura internazionale, sono arrivati dei primi risultati positivi sul fronte economico e occupazionale. In base ai dati forniti dall’Istat, l’Italia è uscita dalla recessione tecnica con un aumento del Pil dello 0,2% nel primo trimestre del 2019. Nello stesso momento, poi, si è anche verificata un’inversione di tendenza nel mondo del lavoro, con 60 mila occupati in più rispetto a febbraio, di cui 44 mila con contratto a tempo indeterminato, soprattutto giovani under 24. E così il tasso di occupazione ha raggiunto quota 58,9%. C’è stata crescita anche su base annua, con un aumento dello 0,5%, pari a 114 mila unità. È calato, invece, il tasso di disoccupazione totale, al 10,2%, ed è sceso anche quello giovanile tra 15 e 24 anni, arrivando al 30,2%, livello minimo da ottobre 2011. Guai a cantare vittoria: l’emergenza è tutt’altro che superata, il debito è alto, va scongiurato l’aumento dell’Iva, i dati su occupazione e disoccupazione vanno migliorati e di molto, in sintesi c’è ancora tanto altro da fare per mettere in ordine i conti e tirare finalmente un sospiro di sollievo. Senza parlare, poi, dell’italianissima scaramanzia, che fa preferire, anche e soprattutto nei momenti buoni, mantenere un basso profilo. Certo, però, è piuttosto paradossale l’atteggiamento diffuso, volto a sminuire o sottacere queste buone notizie. Mesi a dire, nei momenti di difficoltà, di fronte alla novità politica ed agli screzi con la Ue nell’elaborazione della manovra di bilancio, quanto i mercati e gli investitori fossero preoccupati, tendenti a orientarsi verso situazioni ritenute più solide della nostra e ora, che possiamo finalmente mostrare qualche segnale positivo, che dimostra come la ricetta espansiva stia dando i primi frutti, niente. La stampa non si sbilancia. Se qualche settimana fa il titoli in prima pagina erano dominati da un eccessivo catastrofismo, ora è tutto un fiorire di moderazione e prudenza. Un doppiopesismo stucchevole e soprattutto controproducente, non tanto per il governo, quanto per il Paese, che certo non ha bisogno di un’informazione prona nei confronti dell’esecutivo, di qualunque colore esso sia, Dio ce ne scampi, ma neanche di un gruppo compatto di guastatori in servizio permanente effettivo. E se – non succede, ma se succede – uscissimo davvero dalla crisi? Anche considerando il fatto che buona parte degli interventi di riforma strutturale, dal reddito a quota 100 fino alla pace fiscale, anch’essa sottostimata dai media ma che ha avuto un forte impatto sulla cittadinanza, portassero buoni risultati dal punto di vista sia economico che sociale? L’impressione è che, se l’Italia uscisse dalla crisi, più di qualcuno, ai “piani alti”, entrerebbe in crisi.