C’è poco da obiettare: dalle rilevazioni dell’Istat sul mercato del lavoro emerge chiaramente nel mese di marzo la crescita dell’occupazione sia rispetto a febbraio, +0,3%, pari a +60 mila lavoratori, sia nel primo trimestre 2019, +0,2%, pari a +46 mila unità; sale il tasso di occupazione al 58,9% (+0,2 punti percentuali); crescono i dipendenti permanenti (+44 mila) e gli indipendenti (+14 mila), stabili quelli a termine. Ancora meglio: l’occupazione aumenta sia in termini di genere, femminile e maschile, e si concentra tra i minori di 34 anni (+69 mila), stabili i 35-49enni, calano solo gli ultracinquantenni (-14 mila). Ma non basta: secondo la stima flash diffusa dall’Istat, anche il Pil è in ripresa nel I trimestre del 2019 con un aumento dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2018. Una crescita che è la sintesi di incrementi del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura sia dell’industria che dei servizi.

I detrattori delle politiche del Governo del Cambiamento dovranno cercare altri argomenti: non solo l’Italia non è affatto isolata dal mondo, come dimostrano i contatti con la Cina e il risentimento degli Usa, nonché la “guerra” industriale sotterranea nei nostri confronti da parte di Francia e persino Germania, ma sta rimarginando i suoi punti deboli, risanando le ferite rappresentate dal lavoro e dalla crescita. Tra i ministri vale la pena citare quello “meno tifoso” del suo operato, Giovanni Tria, a capo dell’Economia e più volte al centro di aspre diatribe interne, che ha proprio oggi dichiarato: «I dati comunicati dall’Istat mettono in evidenza il positivo andamento del mercato del lavoro. Da segnalare in particolare, oltre all’aumento dei giovani occupati e delle posizioni permanenti, il miglioramento del tasso di occupazione che risale al 58,9 per cento, tornando ai livelli massimi dell’aprile 2008. Numeri che testimoniano la solidità e la tenuta dell’economia italiana».