di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ormai manca un mese esatto alla data del voto per il rinnovo dell’Europarlamento e il clima politico è più frenetico che mai. E questa è una novità. L’affluenza al voto per le europee in Italia è sempre stata abbastanza alta, specie se accorpate, come spesso è avvenuto, ad altre consultazioni. Di solito, però, un simile coinvolgimento era riservato alle competizioni elettorali nazionali, dalle politiche alle amministrative, mentre l’Europa e le sue Istituzioni apparivano come qualcosa di distante e perfino poco interessante, se non per gli addetti ai lavori. Adesso invece non è più così. Le ragioni di questo coinvolgimento sono essenzialmente due. Innanzitutto ora l’elettorato è perfettamente consapevole del ruolo dell’Ue e della sua capacità di incidere concretamente sulle politiche nazionali. Prima l’Europa aveva poteri minori, è ormai lontanissimo il tempo della vecchia Cee. Dopo i trattati di Maastricht prima e di Lisbona poi, con la trasformazione della vecchia Comunità nell’attuale Unione, le cose sono molto cambiate, come ben si è visto nel periodo della crisi economica del 2008 e ancor di più negli anni successivi al 2011, con il Governo Monti, il suo mantra “ce lo chiede l’Europa” e lo spettro della crisi greca. Consapevoli, quindi, del ruolo importante della Ue e delle sue Istituzioni e degli effetti delle decisioni europee nel quotidiano, ora gli italiani prendono molto sul serio questa competizione elettorale. La seconda ragione è la nascita di una specie di “nuovo bipolarismo” a livello continentale, capace di scaldare gli animi. In passato la parte del leone in Europa l’hanno sempre fatta le due grandi “famiglie politiche” dei Socialisti e dei Popolari. Due formazioni alternative, ma non del tutto contrapposte. L’una maggiormente progressista, l’altra più conservatrice, ma tutto sommato portatrici di idee comuni specie dal punto di vista economico e andatesi sempre più avvicinando nel corso del tempo verso un unicum liberista dal punto di vista economico e liberale da quello politico, tanto da realizzare assieme in più di un’occasione “grosse coalizioni” nazionali o europee. Ora, invece è nata e si sta rafforzando un nuovo polo sovranista e populista, variegato ma comunque riconoscibile in tutta Europa, che rappresenta un vero e sostanziale cambiamento, sia dal punto di vista dell’impianto socioeconomico che di quello politico e valoriale. C’è quindi grosso fermento, perché l’avanzata delle forze sovraniste e populiste, specie se rafforzata da alleanze in grado di rendere praticabile un cambio di passo alla guida della Ue, potrebbe rappresentare un vero cambiamento, destinato a ripercuotersi concretamente – dati i sopra descritti ampi poteri dell’Unione – nell’azione di 27 Stati, 28 contando ancora il Regno Unito, e nella vita di più di 500 milioni di cittadini europei.