di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl
Il nuovo presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha rilanciato una proposta di cui non si sentiva parlare da tempo, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, sintetizzabile nell’antico slogan “lavorare meno, lavorare tutti”. Certamente all’economista di Roma Tre non si può non riconoscere la volontà di cercare soluzioni ardite per sbloccare la situazione socioeconomica italiana, asfittica anche dal lato della crescita dei salari, che dal 2000 ad oggi sono aumentati in media di 400 euro, mentre in Francia e Germania sono cresciuti di circa 5mila euro. Sappiamo che l’ideazione del Reddito di Cittadinanza, di cui a breve dovremmo iniziare a vedere gli effetti, è anche opera sua. Ma la soluzione proposta da Tridico, per quanto affascinante, è irrealistica, almeno nella forma tipica delle 35 ore sul modello francese. Attualmente non ci sono le condizioni per ipotizzare una simile riforma, né è possibile imporre alle imprese, spesso in difficoltà, di farsi carico di un repentino aumento del costo del lavoro: solo ieri abbiamo avuto i dati Ocse relativi all’altissimo cuneo fiscale che pesa su lavoratori e aziende, vero freno all’aumento della domanda di lavoro. Ciò non significa, però, che non si possa discutere di una nuova organizzazione del lavoro, che consenta di migliorare la qualità della vita dei lavoratori anche grazie alle maggiori possibilità offerte dalle nuove tecnologie ad esempio, non lavorando “meno”, quanto piuttosto lavorando “meglio”. Incentivando maggiormente il ricorso a soluzioni innovative e migliorative dell’organizzazione del lavoro, tramite anche l’elemento imprescindibile della contrattazione collettiva, nazionale e decentrata. Orari modulabili, part-time orizzontale o verticale, telelavoro e lavoro agile, banca ore, soluzioni che permettano ai lavoratori, per esigenze di conciliazione o per compiti di cura dei familiari, di gestire la propria giornata e settimana lavorativa in modo più libero senza però far pesare i costi di tutto questo sulle aziende ed anzi garantendo lo stesso livello di produzione o un livello maggiore tramite una più costante motivazione, un minore ricorso ad assenze, risparmi sui costi legati alla presenza fisica del lavoratore nel luogo di lavoro. È qui che vanno cercate nuove soluzioni, specie nei settori produttivi in cui, a causa delle caratteristiche stesse della tipologia di lavoro svolto, la flessibilità nella gestione dell’orario appare più complessa da realizzare. In un incontro fra le esigenze di imprese e lavoratori volto a far convergere bisogni e interessi, per iniziare con un concreto miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, senza dimenticare naturalmente altri basilari obiettivi finalizzati alla necessaria crescita dei salari, dall’aumento della produttività alla riduzione delle tasse sul lavoro.