Dopo una breve riunione, nel tardo pomeriggio di martedì il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al Documento di Economia e Finanza. Un documento, appunto, che come spiega lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, traccia le linee guida della politica di bilancio e di riforma per il prossimo triennio, con l’obiettivo fondamentale di una nuova fase di sviluppo economico e di un miglioramento nell’inclusione sociale e della qualità della vita nel pieno rispetto dei vincoli europei. Tra le prime cose che saltano all’occhio, c’è la limatura al ribasso delle stime di crescita per l’anno in corso, portate al +0,1% dal +1% stimato in precedenza, allineandosi di fatto alle previsioni formulate dai principali enti nazionali e internazionali (solo ieri il FMI ha comunicato che prevede una crescita dello 0,2% nel 2019, rivedendo anche le stime di crescita mondiale). La rivisitazione, spiega il MEF, è legata ad un contesto di debolezza economica internazionale che il Governo ha fronteggiato mettendo in campo due pacchetti di misure di sostegno agli investimenti (il dl crescita e il dl sblocca cantieri) che dovrebbero portare ad una crescita aggiuntiva di 0,1 punti percentuali, fissando così il livello di Pil programmatico allo 0,2%, che salirebbe allo 0,8% nei tre anni successivi. Per quanto riguarda invece il deficit, il governo prevede che alla fine di quest’anno, «grazie alla solidità dell’impianto della Legge di Bilancio», si attesterà al 2,4% del PIL, per poi scendere gradualmente, portandosi all’1,5% del Pil nel 2022. Previsto un aumento anche del rapporto debito/Pil, con una riduzione al 130% nel 2022. Passando poi alla strategia vera e propria, il governo conferma di voler ampliare gli investimenti – passando dall’1,9% del Pil del 2019 al 2,5% del Pil nel 20122 -, di voler continuare il processo di riforma delle imposte sui redditi in chiave flat tax – incidendo in particolare sull’imposizione a carico dei ceti medi – di proseguire negli interventi di sostegno alle famiglie ed alla natalità e di garantire un maggior sostegno alle imprese, con l’intento di favorire la competitività del sistema produttivo. L’esecutivo assicura inoltre che «saranno oggetto di valutazione l’introduzione di un salario minimo orario per i settori non coperti da contrattazione collettiva e la previsione di trattamenti congrui per l’apprendistato nelle libere professioni». Non arriva invece sul tavolo del Cdm la questione dei rimborsi ai truffati dalle banche. Un tema molto sentito e molto dibattuto all’interno del governo gialloblu sul quale sembra ci sia stata una riunione extra dopo il Cdm. Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi l’accordo è stato raggiunto, ma mancherebbero alcune limature.