di Francesco Paolo Capone

Segretario Generale Ugl

Se non fosse tutt’altro che divertente, ma al contrario molto preoccupante, ci sarebbe da ridere. Qual è la riflessione dei politici di sinistra, degli intellettuali mainstream e dei cosiddetti giornaloni, dopo la scampata strage ai danni della scolaresca sull’autobus alle porte di Milano? Che bisogna introdurre lo Ius Soli. Una conclusione paradossale. L’attentatore, l’ormai tristemente noto Ousseynou Sy, aveva ottenuto, per matrimonio, la cittadinanza del nostro Paese. Già solo questo basterebbe a far capire che, purtroppo, non è sufficiente un “pezzo di carta” per sentirsi italiani. L’uomo, infatti, al di là delle vere o simulate farneticazioni post-arresto, nell’ideare l’attentato aveva in mente una netta demarcazione: da una parte lui, non in quanto cittadino italiano, ma come africano, il Senegal è la terra delle sue origini, dall’altra parte i nemici, ossia i ragazzi dell’autobus, in quanto europei, italiani, identificati con “gli altri”. Voleva essere “vendicatore” dei migranti purtroppo morti in mare nelle traversate per raggiungere l’Europa. Poco importa se nella scolaresca ci fossero due o tre ragazzi non italiani. Per analogia sarebbe come pensare che il terrorista neozelandese, nel compiere il tragico attentato contro le moschee, non avesse avuto come obiettivo i musulmani se per caso fra le vittime ci fosse stato anche qualche seguace di altre religioni.  I fini dell’uno e dell’altro sono palesi: Sy voleva colpire gli italiani, Tarrant gli islamici. Entrambi per motivazioni di tipo razzista, cioè considerare un intero popolo o comunità religiosa responsabile di qualcosa. La sinistra è riuscita a ribaltare la prospettiva, dato il fatto che, fra i ragazzi eroici che collaborando coi Carabinieri sono riusciti a sventare il piano stragista, Niccolò, Riccardo, Adam e Ramy, gli ultimi due sono stranieri residenti in Italia. Ragazzi encomiabili, che meritano, tutti, il giusto riconoscimento per il coraggio dimostrato. I due ragazzi stranieri, se completeranno il percorso stabilito dalla legge e se vorranno, otterranno a tempo debito la cittadinanza. Forse anche con un percorso privilegiato, dato l’atto di eroismo con il quale si sono distinti. Ma da qui a dare la cittadinanza a tutti i giovani stranieri che nascono o vivono in Italia il passo è lungo: non basta un timbro per far sentire tutti italiani, non è il lasciapassare per la convivenza pacifica e l’integrazione. La cittadinanza acquisita dovrebbe essere frutto di una scelta ragionata, di chi, dopo un percorso di studio o di lavoro nel nostro Paese, abbia il desiderio reale di far parte della nostra comunità, sentendosi davvero “uno di noi” e come dimostra il caso di Ousseynou Sy la faccenda è più complessa di quanto certa sinistra, forse per cercare di racimolare i voti che scarseggiano fra gli attuali cittadini, vuol far credere.