Nonostante il rallentamento del prodotto interno lordo, l’ultimo trimestre del 2018, almeno sul versante del lavoro, apre spiragli di ottimismo, considerando soprattutto quanto contenuto nella legge di bilancio, Pensiamo, ad esempio, al ricambio generazionale già avviato con quota 100 o alla attivazione dei nuclei familiari beneficiari del reddito di cittadinanza o, ancora, alle diverse agevolazioni contributive per assumere personale a tempo indeterminato. Ministero del lavoro, Inps ed Istat convergono nel considerare recuperato l’effetto negativo della lunga crisi economica partita nel 2008, che ha prodotto una forte rivoluzione nel tessuto produttivo nazionale ed internazionale. Interessante, in particolare, l’impatto del decreto Dignità, il quale, come è noto, ha modificato in maniera sostanziale la disciplina dei contratti a tempo determinato. Ebbene, chi temeva uno scivolamento verso il sommerso e/o la disoccupazione sembra essere smentito dai dati. Tutte le fonti concordano, infatti, sulla forte ripresa del contratto a tempo indeterminato. Nel primo trimestre, i nuovi contratti a termine stipulati erano stati 455mila a fronte di 21mila nuovi contratti a tempo indeterminato; nel quarto trimestre, la situazione si è ribaltata con 129mila contratti a tempo determinato e 230mila stabili. In totale, l’anno si è chiuso con 358mila posti di lavoro in più.