di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Attraverso una singolare “coincidenza” la votazione in Senato sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per la vicenda Diciotti avviene proprio all’indomani dell’attracco a Lampedusa della Jonio, la nave dell’Ong Mediterranea ora sequestrata dalla GdF. Si arriva, con questi due fatti in simultanea, al cuore della questione migratoria per come l’abbiamo conosciuta in questi ultimi anni. Non, quindi, il normale flusso che si verifica in ogni Paese, ma il vero e proprio assalto al quale abbiamo assistito nell’era in cui al vertice delle istituzioni c’era la sinistra. L’impatto è stato fortissimo per il nostro Paese. Gli italiani lo sanno bene e del resto, se così non fosse, non si spiegherebbero né il tardivo e parziale dietrofront, data la situazione ormai ingestibile, adottato persino dal Pd mediante la “linea Minniti”, né le dichiarazioni dell’Europa, di solito piuttosto avara di complimenti verso il nostro Paese, che invece in più di un’occasione ha espresso gratitudine per lo sforzo immane compiuto dall’Italia. Un insieme di fattori: le norme europee, quegli accordi di Dublino impostati quando le condizioni internazionali erano molto diverse poi rinforzati – a danno del popolo italiano – dal “baratto” renziano che scambiò l’onere esclusivo degli sbarchi con una maggiore flessibilità da spendere in bonus, la destabilizzazione della Libia, la peggior crisi economica del dopoguerra, e, accanto, la gestione, opacissima, sia dei salvataggi da parte delle Ong che della cosiddetta “accoglienza” sul suolo italiano. Ognuno si è fatto la propria idea su chi abbia tratto profitto da questa vera e propria tratta. Certo è, invece, chi ci ha rimesso: da un lato i migranti stessi, messi in pericolo nel tragitto e spesso poi sfruttati una volta arrivati, dall’altro gli italiani, costretti ad affrontare l’emergenza con pesanti conseguenze dal punto di vista della stabilità e della sicurezza sociale. Il “caso Diciotti” ha rappresentato il punto di svolta. Con l’imprimatur popolare dato alle forze del “Governo del cambiamento” per compiere una decisa inversione di rotta su molte scelte politiche, compresa la gestione delle migrazioni, Salvini, appoggiato dal resto dell’esecutivo, ha voluto scardinare con un gesto eclatante un sistema che danneggiava stranieri e connazionali, difendendo finalmente i confini e la sicurezza nazionale. Ora il caso Jonio è di nuovo una forzatura, stavolta, però, fatta contro la volontà degli italiani e in spregio alle norme nazionali e internazionali, da parte di chi non vuole arrendersi al ritorno alla normalità. L’Aula del Senato ha difeso la scelta del ministro e a giorni conosceremo gli sviluppi dell’indagine sulla Ong per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con l’auspicio che finalmente inizi a prevalere l’interesse nazionale e non i soliti vecchi e dannosi interessi particolari.